Marco Furia su “attraverso interni” di Daniela Cabrini

Vitali soffi

Avvertibile, “vitale il soffio” spira assiduo sulle intense pagine della raccolta “attraverso interni” di Daniela Cabrini, le cui nitide scansioni, frutto di attenta, appassionata ricerca, inducono davvero a (pregnante) riflettere.

Se non si possono violare certe estreme frontiere idiomatiche, si può essere in grado, tuttavia, di offrire un linguaggio proprio, diverso, capace di meglio riferirsi a vividi impulsi non assoggettabili a esegèsi, ma, almeno, suscettibili di evocazione secondo specifiche modalità disposte ad accettare un senso differente, promuovendo quella peculiare specie di rapporto comunicativo tipico della poesia.

Consapevole di ciò, la nostra poetessa, lungi dal rinunciare al dire, confida senza riserve nell’espressione verbale, tanto da proporne una qualità del tutto inedita: non si rassegna, insomma, di fronte agli eventi massimi e minimi del quotidiano stare al mondo e, quasi ingaggiando con essi linguistiche battaglie, evita di affidarsi a ulteriori inelastici modelli, presentando, sicura, eleganti opzioni aperte, tali da mostrare come la lingua possa ben differire da viete concatenazioni.

C’è una risposta, una via percorribile.

Se “così io parlo e tu rispondi ma le parole / pedine di due distinte scacchiere a caso / si fondono in un gioco senza significato” e se “troppo presto rincorrere una voce / male udita è troppo facile”, non certo l’ indifferenza e il pessimismo dovranno prevalere, poiché una via di scampo esiste: è il gesto creativo capace di avvicinare poeti, artisti e scienziati agli altri individui, in quanto inaugura una condizione specifica non aliena dal legare, anche con persistenza, tutti coloro i quali si trovano a essere, a qualunque titolo, coinvolti.

Con accenti limpidi, tali da offrire, risoluta e precisa, sorprendenti combinazioni verbali senza mai deflettere dal rivolgersi a un quid avvertito come assiduo e ineffabile, fiduciosa in un gesto poetico teso a rendere testimonianza e, nel contempo, a mostrare una direzione lungo cui procedere, Daniela Cabrini, accostando, spontanea, immagini del tutto quotidiane (“caffè tra noi”) ad altre, per così dire astratte, ricche di suggestiva incisività poetica (“il tempo mescola cerchi concentrici”), Daniela, dicevo, induce a seguire affascinanti itinerari nel cui inconfondibile àmbito l'atto del conoscere risulta più prossimo al gesto, al modo di essere, che al discorso raziocinante.

Esiste miglior maniera, per “chi vive”, di sopravvivere “allo spavento”? 

(Daniela Cabrini, “attraverso interni”, Lieto Colle, 2007)