Flavio Ermini, Ranieri Teti, Mario Varini

Davide Campi su Testa rasata di Maddalena Capalbi, Moretti & Vitali, 2015

La poesia di Maddalena Capalbi parla lucidamente e sapientemente di violenza.

Si tratta di una violenza a prescindere, storicamente documentata, ingiustificabile, con un unico e inevitabile bersaglio. In essa non c’è niente di spirituale o teoricamente collocabile; è solo cieca e fisica. È contro il corpo della donna, e vi si accanisce fino al più definitivo epilogo: “…per questo hai abbracciato/i seni con rabbia/e pazzo d’amore/li hai riempiti di fori.”.

Rosa Pierno su boxing day di Pasquale Della Ragione, Edizioni Riccardi, 2013

Il testo sembra sembrerebbe una sorta di wunderkammer, se non raccontasse di un viaggio esistenziale. O la scena di un luogo appena abbandonato, ove al suolo, in maniera disordinata, siano restati piccoli insignificanti oggetti: piume, corde, ragnatele, fili, foglie, corolle, pietre, i quali richiamano alla mente concetti legati all’organico e al geometrico: distanza, nascita, crescita, perimetro, figura, equilibrio, ritmo.

Rosa Pierno su Piano Argento di Angela Passarello, edizioni del verri, 2014

Una delicatezza che nasce dalla semplicità e dalla sintesi, dal parco uso delle parole, dalla calibrata aggettivazione con cui ogni lirica ci dispiega dinanzi agli occhi il racconto di memorie e percezioni.

Rosa Pierno su Serie fossile di Maria Grazia Calandrone, Crocetti, 2015

In Maria Grazia Calandrone, il linguaggio si fa simbolico, o frammentato specchio in cui parole si accumulano per un’urgenza interiore a cui non si deve chiedere logica sequenza, mentre fermo e integro risulta, invece, un contemporaneo accorato rivolgersi che tiene le redini del discorso poetico e guida il lettore per selve visionarie, pure quinte teatrali le vorremmo definire: ma questo filo non è nemmeno esso lineare, pur mutandosi, in un solo tornante, nel suo opposto, lucidamente disegnando le sponde di vorticanti descrizioni.

Rosa Pierno su Gamete di Osvaldo Coluccino, Coup d’idée, 2014

Leggiamo la prima sezione della silloge Gamete, intitolata Eliaco, come se fossimo immessi, dalla voce autoriale di Osvaldo Coluccino, nell’atmosfera dei quadri di Poussin.

Rosa Pierno su Il non potere di Davide Nota, Sigismundus editrice, 2014

In Davide Nota il rapporto con la storia che illumina i comportamenti umani, i suoi strumenti, i suoi limiti è centrale, quanto impietoso: la critica viene indirizzata verso se stesso, ma sta per la società tutta. Dopo aver riconosciuto che la ragione può quasi nulla rispetto alla forza della storia, l’azione è ricondotta verso un ripiegarsi su se stessa, “dove solo l’incoscienza, immune / da ogni nuovo strategico diniego / di scienza, riconquista la sovrana / vitalità dell’atto, oscuro lume… “.

Rosa Pierno su La gioia è un turbine di quiete di Lorenzo Gobbi, ATì Editore, 2014

La fitta, irrinunciabile conversazione, istituita dalla voce di Lorenzo Gobbi, nel suo La gioia è un turbine di quiete è rivolta a più interlocutori: che siano Layla, un amico o Dio, non importa quanto la messa a punto di una parola polimorfica e metamorfica, poiché se le poesie iniziano col nominare un interlocutore, finiscono – e nel passaggio si fanno figure, ritornano suoni, si materializzano si desostanziano – col parlare anche a tutti gli altri, pubblico compreso.

Rosa Pierno su I Compianti di Maria Pia Quintavalla, effigie, 2015

L’impeto a raccontare la propria infanzia non può che avere un unico senso in Maria Pia Quintavalla: ricrearla con la preziosità dell’ideato, con l’impalpabilità che solo la poesia consente, con la lacunosità che riserva alla concretezza dell’esistenza, creando un magazzino eterno, da utilizzare come miniera.

Ranieri Teti su “Accolgo distratto” di Stefano Iori

Il mondo emozionale di Stefano Iori restituisce frammenti di vita poetica, dubbi, certezze, incertezze.

In questa poesia c’è un modo dello scrivere che parte dall’ordinario per trasfigurarlo, che cerca di superarne la barriera.

La rimozione della punteggiatura e degli spazi tra i versi, pur mimati dalle riprese in maiuscolo, testimonia la ricerca di un flusso ininterrotto anche se all’interno franto.

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