Maria Grazia Insinga, da "La porta meta fisica", raccolta inedita, con una nota dell’Autrice

[Prima lezione di Luce]

 

I
Le sette sorelle parlanti spossessano d’innocenza
le sette sorelle più non guardano dall’alto se dall’alto vedi.
Effusa dal mare tra sciara del fuoco e vento
imparare è solo perdita, perdita di bellezza.

II
Memento anima! Innocenza sei e tornerai.
Nel giardino liquido il giglio bianco protegge
il fuoco dai margini taglienti d’ossidiana
e il sartiame rizza gli alberi nella tempesta di vetro.

III
Ciascuno abbia pietà della sorte.
Niente, non c’è più niente. L’aria ha preso
del niente la forma. E il resto solca un mondo
spinto per la strozzatura d’una bottiglia.

IV
Non posso rifare lo stesso percorso.
Corpi raggiano e rimango solo per vederli
non smettere di cadere.
Cædere!

V
Non sorprenda morire. Precedono sontuose corolle
mentre impreparata continui valigie
ripieghi corredi di luce.
Tu, anima: raggio che cade!

 

 

[Prossemica]



So cos’è una distanza:
il tempo della palpebra
sull’occhio. Non avvicinarti
alla dimensione nascosta.

La lingua muta
lo spazio parlante.
Non puoi mandar via
selvagge distanze di fuga.

Non capire tutto
intatto è il regno.
L’orma sorge dal gorgogliare
di dorsale divina.

E non c’è niente di umano
nel senso della fine, nel capo
sul muro a secco: è il posto
delle zagare. Lasciatemi in pace.

Vivere di continuo è sisma. Slaccia
talora le mani. Nulla ricordo ma la vita
da sé a se stessa rinvia. Ho tenuto
nel grembo l’esilio, m’ha tenuta.

Non il dolore - unisce
separatezze, elimina spazio -
ma il nome differisce l’approdo.
Nell’intervallo, la musica.

Miseria vivere dove tutto è presenza.
In prossimità limbale fletti il tono
nella rivelazione niente da salvare.
E non manco di nulla se ciò che manca non esiste!

Non la presenza ma lo spazio timbrico.
Nessun intervallo qui e ora.
E l’altrove un’invenzione
sì, ma da raggiungere a volo.

 

*** 

Ci riconosce l’urlo
da questo zollarci
come nascondigli, semi
con le mani spaccate dal vero

la promessa, nel remoto
d’uno specchio d’acqua
in fondo alle gallerie esagonali
della biblioteca perduta.

 

 

[Release]

 

Qui non c’è timbro
né storia
solo me transitorio d’attacco
nella vuota insorgenza
- ascesi in ampiezza
ciò che non percepisco
mappa di tràdite onde
non comprensibili d’isola in isola -

Credi sia storia prima
dell’estinzione e altro non è
che decadimento
diminuzione d’ampiezza
o morte
o dio.

Appena nell’invisibilità
divento me non divisibile
inviluppo trino che non tiene
ma lo spettro subisce mutamenti
- sublime non trattiene sublime -
instabile être vivant
tento l’intonazione del mare.

 

Maria Grazia Insinga è nata in Sicilia il 20 aprile 1970. Dopo la laurea in Lettere moderne, gli studi in Conservatorio e in Accademia, l’attività concertistica e di perfezionamento e l’insegnamento nelle scuole secondarie, si trasferisce nel 2009 in Inghilterra per poi ritornare in Sicilia nel 2013. Si occupa di ricerca musicologica - ha censito, trascritto e analizzato i manoscritti musicali inediti del poeta Lucio Piccolo - suona in un duo pianistico ed è docente di Pianoforte presso l’Istituto “Vittoria Colonna” a Vittoria (RG). Ha ideato il Premio di poesia per i giovani “Basilio Reale” - La Balena di ghiaccio - che si pregia del sostegno dell’Assessorato alla Cultura di Capo d’Orlando e del patrocinio del Cantiere del Seme d’arancia di Emilio Isgrò.