Loredana Semantica, poesie da “L’informe amniotico”, con una nota critica di Giorgio Bonacini

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13

E’ uno scivolamento costante. lo smottamento del tempo. che frana a pioggia sui nostri occhi. tredici secondi che illuminano. sassi. ortiche. bocche. è uno scenario disumano. grigio cupo e rocce. lampi di straordinario. solo a tratti.

 

12

Io lo so com'è ch'è il vento. come a un certo momento. con le foglie si solleva e corre. come filtra dal di dentro. e soffia oltre le porte. io lo so come fuoriesce. da molte bocche storte. come alimenta un fuoco. di benzina e nulla. come sibila piangendo. o ride dei suoi colpi. piantando chiodi. dodici e lunghi per infliggere tormento.

 

11

E’ così che siamo fatti grandi. di pietra. su cui poggiare i nostri credo. le statue d’intaglio. il bronzo colato. il gesso dei nostri piedistalli. di marmo la forma. i sensi smarriti. la progressiva perdita del sacro. è così che tracciamo undici rotte all'infinito. e navighiamo distanti senza toccarci. guardando in lontananza. la consapevolezza dei nostri disincanti.

 

10

E’ un destino scelto. la solitudine del dieci. dove gli altri non c'entrano. non per scelta. né per il destino. e nemmeno per la solitudine. che anzi è spazio così profondo. dove tutti trovano posto. nel tempo loro. dentro.

 

9

Si scrive sempre l'effimero del mondo. gli ultimi pezzi. il titolo deciso. le molte pagine di versi. dal nove è un parto sotterraneo. pasto di viscere e memoria. nascerà intero il mostro. non per la luce e nemmeno per la gloria.

 

8

Non lo credevano possibile. che crescesse come gli altri. che si facesse grande. che le curve gonfiassero la carne. otto espressioni di meraviglia. e tanti complimenti. per quanto inutili ogni volta. a dare forma al corpo. a fermare la sua rivincita potente.

 

7

Di una magrezza estrema. i sette anni. credevano d’avere per missione. di far ridere tutti. come un buffone.

 

6

Poi si fece un varco. un altro navigare. dove mancavano alleati e pure il mare. passava veloce il tempo. ripassando parti. da ragazza timida e scontrosa. sei gradini per l’accesso. all’atrio sottomesso della scuola.

 

5

L'ovale del viso incorniciava. l'attaccatura dei capelli. lei tutti da un lato. lisci e neri. io ricci e quasi biondi. tirati in alto indietro. verso la sommità del capo. in una coda. a scoprire bassa la fronte. da bambina. nella foto della quinta elementare.

 

4

Un fiocco in testa. l’altro. in disordine sul petto. quattro dita penzolanti e corte. un fiocco modesto. discinto e senza corpo. che a nulla valeva inamidarlo. appuntarvi le medaglie i premi vinti ottimi voti. ugualmente non reggeva il confronto. con quello degli altri. sempre perfetto per forma e per colore.

 

3

Si direbbe il numero perfetto. se non fosse uno stato. rinnegato per tre volte.

 

2

Nacque e fu un errore. di sesso femminile. avrebbe dovuto avere un genere diverso. l’altro dei due possibilmente. sempre che poi. non ne esista un terzo. né carne né pesce. degli idonei ad essere. personaggi per sempre. alla ricerca di se stessi.

 

1

Dicono che accade. che prossimi alla foce si ritorna all’uno. al grembo della madre.

 

0

Per dire il fiato
non basta un solo stato
e poche righe in rete
non bastano alla bocca
povera di dita
i tasti freddi
inverni  inesauribili
milioni di rinate primavere
per dire tutto il fondo sincero
l’aprirsi dell’anima il respiro
che soffia dai polmoni possente
acceso
insostenibile all’umano peso
e gonfia guance occhi e trombe
la grazia del creato
l’acqua rigogliosa di cascata
il fragore bianco alla discesa
gli zoccoli i ruggiti
i  versi  di tutti gli animali
le piante aperte in gemme
i frutti e meravigliosi fiori
i loro semi nei soffioni
il volo magnifico di stormi
a disegnare onde in cielo
fluttuanti come un velo
il grano al vento come seta
il senso infinito di ringraziamento
l’appartenenza al mondo della vita
degli esseri  esistenti e benedetti
nel segno universale
grandioso naturale
della Madre nostra
scintilla planetaria
miracolosamente ancora
terra viva.

 

***

Una scansione temporale inversa, dove il già accaduto appare come un presente ulteriore, può significare una ricerca che tenta di rendere sensibili ed evidenti a se stessi connessioni e significati vissuti, ma che necessitano di nuova percezione ed esperienza. Dalle profondità del passato, scandito in sequenze di ore piene di tempo compresso, si recuperano momenti esistenziali, prove di vita che, momento dopo momento, ritornano all’oggi: o meglio allo zero presente di una esterna, perché visibile in scrittura, interiorità singolare e frastagliata nei suoi eventi.

Ma per chi è in atto di poesia, consapevole del suo fare concreto, come ci mostra Loredana Semantica in questi appunti poetici numerati, sa che anche la scansione materiale del testo produce la sua significazione: ad esempio nell’emozione di un senso che è gratitudine e palpitazione anche a partire da una piccola fonìa grafica: là dove annota che la perfezione della sessantatreesima ora “risparmiò una e. e dentro aveva il tre” e la fatica di una nascita all’infinito. Si vede dunque chiaramente la valenza poetica di una forma del sentimento che va dall’alfabeto alla significazione continua di un perenne inizio di senso. Una progressione continua, dunque, una scansione che sembra avere un andamento che è più una distensione che un cammino. I testi infatti si presentano sulla pagina come delle riflessioni senza versificazione, salvo il fatto di essere punteggiate, e perciò respirate interiormente, con un ritmo che è connotazione di un lento stato, come di attesa.

Scrivere allora diventa un modo, passo dopo passo, di raccogliere figure e sostanze, percezioni e immagini, in un brusio modulato che prende corpo e pensiero. E dove noi che leggiamo ne sentiamo le fluttuazioni, da un estremo all’altro, di quel particolarissimo essere lirico che è l’ansia del poeta. Ogni tanto però il testo da lineare ritorna in strofe, senza segni di punteggiatura, rette solo dal proprio scandire lo spazio e il tempo della scrittura e della lettura: della parola detta e della parola taciuta, anche quando “accade che si scriva/ed è un errore”. Ma non c’ è modo di smettere il canto, perché è lì a dare evidenza esemplare al proprio dire, a disincarnarlo dal corpo centrale per desiderio di leggerezza o di precisazione nel suo offrirsi totale.

E nonostante l’io sia una “preda indifesa”, nel testo si lascia andare a circonvoluzioni di assoluta e precisa libertà, dove la luna ritorna ad essere la poesia centrale: in un impeto di suono, rime, assonanze che scandiscono un momento di bellezza e purezza.

Poi qualcosa ripiega in se stessa e dentro di sé tace, seppur con fatica, anche i modi in cui la vita si snoda, si arrotola, si contrae e sembra all’apparenza contraffarsi. Ma nonostante questa ferita dentro il senso, questa difficoltà nel comprendere i segnali e la voce che tenta di fermare la conta delle ore, c’è ancora un TU, un altro a cui donare ciò che appartiene e che abita la poesia: la parola. E se anche sono “parola vuote”, quando le vedi davanti, una dopo l’altra, sono “come fiori offerti. come fiammiferi accesi”. Perché non è possibile, quando il linguaggio chiama la lingua a farsi suono, voce e poi scrittura in segni necessari alla propria sconosciuta origine, non considerare l’ascolto di sé, che scrive se stesso, di natura universale, nello “scivolamento costante” verso un’origine materna, inesauribile. 

 

Loredana Semantica, nata a Catania nel 1961, è laureata in legge, sposata con un medico, ha due figli, vive e lavora a Siracusa come funzionario pubblico. Si interessa di poesia, fotografia e lavorazione digitale di immagini. Proviene dall’esperienza di partecipazione e/o collaborazione a gruppi poetici, di fotografia, arte digitale, litblog, associazioni culturali nel web e su facebook. Ha pubblicato in rete all’indirizzo http://issuu.com/loredanasemantica le seguenti raccolte visuali e/o poetiche: Silloge minima (7/11/2009) Metamorfosi semantica (3.2.2010), Ora pro nomi(s) (27.3.2010) Parole e cicale (13.8.2010) L’informe amniotico (27.2.2011). Gestisce il blog “Di poche foglie” all’indirizzo http://lunacentrale.wordpress.com/.