Terza pagina, Cristiana Panella sull’opera di Serge Pey: nota teorica e nuove traduzioni

INFINIZIONE, TESTIMONIANZA, INVERSIONE, penso, mentre ascolto Serge Pey e Chiara Mulas. « Infinizione » coniuga l’accezione di moto e quella di contrario. La prima è quella di Lévinas, l’infinizione come ospitalità, la capienza nell’accogliere quello che non si può contenere ; la seconda è la non-finizione, l’anti levigatura, che riporta alla prima, all’infinizione come non-intenzionalità. Contrariamente all’infinizione, l’intenzionalità, scrive Lévinas, presuppone già l’idea di infinito ; è l’inadeguazione per eccellenza. Pertanto, contenendo l’idea di infinito che non può contenere né prefigurarsi, il poema di Serge Pey « non è mai finito ». E questa in-finitezza si manifesta nell’incarnazione della parola. Pey è banditore dell’oralità, della testimonianza attraverso il corpo e la voce, e con corpo e voce l’avvento poetico fa luogo, fa cerchio, si fa « creatura » intrinsecamente e incompiutamente futura. Mostra come « crier » (gridare) sia « créer » (creare) : di come, nell’abbraccio aereo dell’assonanza, il grido sia atto di creazione. « Net cuer crie en mei, Deus » (Liber psalmorum). « Dio, crea in me un cuore puro ». E una volta generata, la criatura prende la forma della sua strada. In The Life of Lines (2015), l’antropologo Tim Ingold, nel solco della sua riflessione sulla forma come movimento continuo già proposta in Being Alive (2011) e in Making (2013), propone un’interrelazione alternativa rispetto al concetto di rete, comparando il pellegrino al navigante. Per il pellegrino la destinazione è il cammino ; il suo tracciato prende forma strada facendo. Diversamente, i movimenti del navigante procedono punto per punto secondo tappe intermedie calcolate in parte prima di iniziare il tragitto. Il passo pellegrino procede come la ragnatela : non è una rete di nodi, giunture che sottendono la testura, l’impalcatura, l’ossatura ; è una dinamica di congiunture, di (s)nodi, che il ragno crea nel suo movimento di tessitura. Il cuore stesso, dice Ingold è congiuntura, mentre le ossa si incontrano nella giuntura. La forma e la traiettoria di un movimento sono quindi imprevedibili prima del movimento. Nell’interrelazione umana ciò si traduce nella risonanza, nell’ « attenzionalità » più che nell’ « intenzionalità » (Ingold, « On human correspondence », JRAI, 2016), nell’andare verso più che nel trovarsi dentro. Il poema di Pey scende in strada a cercare i suoi ospiti, fa casa per chi si avvicina, per chi c’è. In questo senso non è mai finito, privo di levigatura. L’ultima parola sarà quella dell’ultimo commensale, di colui che deve ancora prendre posto alla pubblica mensa del poeta. Così il poema rimane aperto, collettivo. La parola è veste aderente al suo messaggio. Non si specchia, ne se cherche pas. Non deve fare « opera volontaria di differenza. È il poema stesso che fa quest’opera », dice Pey. Il poema opera per chi ha ceduto il passo, per gli invalidati. Braccio di testimonianza che ripete e scandisce in verticale, incarnando un memento di giustizia, diventando cahier de doléance(s). « Ci sono morti », ripete il poeta ; marca l’impronta per chi è diventato sabbia. Testimonia per i vivi e per i morti di tutti i tempi, seduti alla stessa tavola, in abitudini di uno stesso tempo. « Ci sono morti che escono dal parrucchiere/e altri che vorrebbero recuperare/semplicemente i loro olivi e le loro capre dalle corna limate ». I morti sono invocati, ringraziati, sollecitati nel ricordo. La rimembranza ravviva l’esperienza di compagnia, riporta il passo. Esplicitato in diverse interviste, il dialogo con i morti, così come il passaggio tra mondo dei vivi e mondo dei morti, è tema caro alla poetica di Serge Pey, in particolare nel libro di racconti biografici « Le trésor de la guerre d’Espagne » (Éditions Zulma, 2011) : « Uno dei miei maestri di poetica è stato mio padre, elettricista, che un giorno fece un gesto fondamentale davanti a me: poiché il nostro tavolo era troppo piccolo per accogliere gli ospiti, scardinò la porta di casa e la posò su un cavalletto. Abbiamo pranzato su una porta. Sul luogo di passaggio. La mia tematica viene da lì ». Un’inversione senza coordinate spazio-temporali. L’inversione è nell’atto di creazione stesso, non risponde all’unità di misura ; come il sogno, non discrimina tra incombente e remoto, tra semafori e fette di arancia blu. Tutto è orizzontale, scevro da giudizio. Ancora una volta, è il canale aperto dello sguardo poetico, lo sguardo celeste dal basso, che unisce il verso, l’avverso e l’inverso ; che chiama il décalage comunanza. « Il pennello è un coltello » realmente, come la porta fu da sempre tavolo.

Serge Pey e Chiara Mulas

Azione da Occupation des Cimetières (Éditions Jacques Brémond, 2018)

Chiesa di Sigale (Vallée de l'Estéron), 2017

Foto: Sabine Venaruzzo 

 

Il peso dei morti

 

I morti pesano uguali ovunque

ma quando li si sotterra

non si recita per ognuno la stessa preghiera

sulle tombe

 

I morti pensano che la terra sia un orecchio

fatto per udirli

almeno una volta sola

anche cantando in falsetto

 

Ci sono morti che pesano

più di altri

e non sapremo mai perché

eppure le bilance non sono truccate

né gli aghi storti

 

Ci sono morti più leggeri di altri

E altri più pesanti dei primi

Ci sono anche morti

che non esistono

talmente li abbiamo dimenticati al mercato

delle resurrezioni

e dei trapezi.

 

Ci sono morti che sono grandi farfalle

Ci sono morti che sono magri serpenti

che perdono le vertebre

Ci sono lunghe lucertole che fanno i nodi all'aria

Ci sono morti che nuotano come piccoli pesci

in boccali rossi

 

Mi hanno chiesto di scrivere

un poema sul peso dei morti

sul bordo di un'enclave

in un territorio di Giove

È quello che faccio ma non riesco

perché la bilancia ha un piatto solo

e tutti sgomitano per farsi pesare

 

Su Marte quest’anno

sono stati abbattuti

133 politici

ma nessuna radio ne parla

Dal 2002 su Venere

sono stati assassinati 124 giornalisti

su Plutone

sono stati soppressi 200 poeti

In un pianeta lontano

della costellazione di Quetzalcoatl

ci sono stati 800.000 morti

Ma la televisione interplanetaria non dice niente

lo stesso

 

Su Nettuno

si collezionano le foto

dei bambini morti sotto le bombe

o decimati dai cecchini

Sulla luna

al mercato del sabato

si vendono francobolli

con i loro nomi a colori

per i collezionisti

 

Sull’Orsa Maggiore

in particolare

vengono sgozzate donne a decine

Erano compagne coraggiose

che inventavano il mondo

e difendevano il diritto all’aborto

Così un po’ dappertutto

su Urano ad esempio

gli aerei di una grande monarchia petrolifera

bombardano gli autobus degli scolari

 

Ci sono morti di cui non si parla

Ci sono morti con la bocca aperta

Ci sono morti che non hanno più la dentiera

Ci sono morti a cui hanno strappato la lingua

con un colpo solo affinché non possano parlare

 

Ma credetemi

Nessun poeta va a passeggio

con una bilancia per pesare i morti

e constatare che ci sono morti più importanti

di altri

I morti hanno lo stesso peso

anche se le bilance mentono

 

Tuttavia una cosa è certa

il poeta sa che i morti

si beffano delle preghiere

ed è per questo d’altronde

che scrive poemi senza peso

 

Insisto di nuovo

I morti non pesano tutti uguale

Sono le foto che fanno la differenza

l’inquadramento

la maniera di appenderle

e soprattutto la natura del loro assassino.

 

Ci sono morti

né leggeri né pesanti

Ci sono morti che non esistono

a forza di esistere

Ci sono morti alla moda

Ci sono morti senza patria

Ci sono morti nudi e morti vestiti

Ci sono morti che fanno l’appello nelle scuole

Ci sono morti senza telefono

E altri in abito nuziale

Ci sono morti nascosti negli ospedali

Ci sono morti che sono bambini

con camicie rosse naufragati su una spiaggia di Syrius

o di Sicilia

Ci sono morti che escono dal parrucchiere

e altri che vorrebbero recuperare

semplicemente i loro olivi e le loro capre dalle corna limate

 

Questo poema non è una preghiera

né un volantino di propaganda destinato ad essere

distribuito in un cimitero perduto

di Alfa Centauro o Plutone

né un ritornello canticchiato sui morti che dimentichiamo

e su quelli che non si dimenticano

 

D’altronde non si prega che per i vivi

perché il regno dei coglioni appartiene loro

nei cieli

in mezzo alle fiche profumate delle vergini

dei cecchini del purgatorio

davanti a un fabbro chiamato Pierre

o a un marmista che risponde al nome di Maurice

sul Sinai

 

I morti, loro,

si sono messi in Comune

da lungo tempo

e condividono il poco pane che hanno

sul bordo delle loro tombe

invitandoci a un pranzo

dell’avvenire senza marmellata

sempre nel passato

al bistrot degli assassini

 

I soli monumenti ai morti

che conosciamo

sono quelli dei vivi

che ammazzano i vivi

nell’altissimo della costellazione

della Croce del segno

o della scimmia

che sputa alfabeti

che nessuno comprende

 

Correggere Dio

 

Il busto di quest'uomo

è un'onda del mare

tagliata a fette di arancia blu

 

Non si dipinge mai un paesaggio su una tela

Si dipinge sempre su un paesaggio

che si ricopre con la tela una volta terminato

perché il paesaggio è sempre fatto male

 

L'uomo dice

Noi correggiamo Dio

Questa macchia rossa è il sangue di un toro

di plastica a sinistra di una geografia

 

Qui risiede il segreto di quest'uomo

Qui non si vede una tela

ma un paesaggio su cui si stende

il liquido rovesciato da un bidone di sangue

 

Per fare questo l'uomo

si è coperto il viso con una maschera da scimmia

 

Dietro di lui uno spettatore autoritario

sorveglia il cielo

Forse una spia o un inviato dei morti

che non sanno più dipingere

Questa spia nasconde il sesso dietro agli occhiali

 

Uno spaventapasseri blu

coglie ciliegie multicolore per il mercato

dei macellai della luce

Il paesaggio è una bandiera

 

La tavolozza dell'uomo è verticale

Il pennello è un coltello

 

Il paesaggio trema di paura

Dio è una donna

che fa colare le sue mestruazioni

 

L'uomo beve il sangue che versa

sul paesaggio poi lo scambia col nostro

con un tubo nascosto

in tutta la luce.

 

Carogna

 

Il poeta di oggi

non è un raccattatore di libri

ma di immondizia e rifiuti

 

A volte è un macellaio

o un cernitore di rifiuti

o anche un parrucchiere di escrezioni

o di peli di naso

 

La poesia resuscita le carogne

in particolare quelle degli uccelli

per farle volare

un'altra volta

o quelle dei cani

per dare voti ai loro latrati

su grandi quaderni contabili

scambiati per partiture

di free-jazz

 

La poesia è malata

 

La luce ha mal di fegato

e vomita pezzi

di metallo brillante

e liquido

 

I cani sono calvi

I loro crani rilucono al sole

come olio di ricino

 

Un cieco chiude il viso

in un armadio dopo essersi

a lungo guardato

in uno specchio

 

Gli orologi sono rotti

E anche le bussole

che si fanno gioco delle direzioni

 

Il poeta

è colui che lascia colare sale

sulla coda del lupo

senza farsi mordere

Questa è la sua arte poetica

perché in fondo vuole divorare

i lupi

anche se non ha denti

 

Lancette rotte arrugginite sfuggono

agli orologi

per fare flebo

sulle carte d'identità

è la condizione della bellezza

delle nostre foto

 

Ti amo davanti alla tua carogna

ritrovata

sotto un ammasso di foglie di platano

Avevi cinque anni o mille

o non eri neanche nato

Sono le iene che conobbero davvero

la tua età

 

La poesia è monosillabica

Quando gli uccelli recitano i poemi

hanno la bocca piena di piume

e di becchi

Hanno i sandali ricoperti

da una pelle stropicciata

rubata a Dio

sudando nel suo retrovisore

 

I morti hanno i bicchieri

mezzi riempiti di vino

Non riescono a terminare

le ultime gocce

del sangue perso da una statua senza testa

sulla croce della sua liberazione

 

I corvi ci rimpiazzano

ogni vertebra

con un uovo

è per questo che non ci si può alzare

senza farli crepare

 

I mendicanti ci seguono

per sbattere frittate fredde

 

Fumiamo due sigarette

insieme

una per il morto che culliamo

sulle ginocchia

l'altro per inchiodare una stella

alla notte

 

Gli angeli fanno bruciare le biciclette

e si scaldano

tra le ruote

 

Un poeta è un ladro di portafogli

e di quaderni

 

La tua carogna

è un'opzione d'interlinea

su un programma della vita

al centro di una zuppa di pesce

o di un mucchio di merda

 

I morti ricominciano

a tornare

bambini

giocando a quello che morirà per primo

mangiando terra

 

Li si sente già camminare

Sono come fiumi in piedi

che scendono verso il mare.

 

Il precedente intervento di Cristiana Panella su Serge Pey, che contiene anche la nota biografica dell'autore, si trova qui: https://www.anteremedizioni.it/prima_pagina_cristiana_panella_presenta_e_traduce_serge_pey