Martina Campi, videolettura dalla raccolta inedita “Le stagioni estreme”, nota di Giorgio Bonacini

Una scrittura poetica che si apre sotto il segno di Emilio Villa pone subito il lettore di fronte a una consapevolezza precisa: la lingua che pensa e scrive la poesia è significante in ogni sua determinazione e tratto distintivo. Martina Campi dentro questa ricerca – che è esistenziale più che sperimentale – ci offre il suo dire speciale: che attinge dal suono ovunque siano grafia e fonia. Ciò, però, non si rivolge a un’ingenua cantabilità dei versi, anzi, la sua voce ci sorprende per una lucida concettualità, unita in modo inedito (e inaudito si può ben dire) a un sentimento di apprensione per la forma sofferta di quelle

parole mai pronunciate. Perché la poesia che leggiamo in questi testi butta fuori e recupera anche quei momenti di impossibilità a parlare, lì dove la schiusa dei sensi vocali sembra impossibile.

 

*

Sulla terra il tempo è memoria.

Musica, giorno, fuoco,

perdendo i confini del viso che si scioglie

di espressioni divenute ormai indistinte.

 

Rompersi le ossa nella coerenza

occorrente al semplice, solitario, contemplare

il disagio di un sentirsi meno disabitati

 

Bere molta acqua, non pensare al fuoco

agli infiniti altri, cuciti nella tasca,

agli infiniti altri, polverizzati, nella borsa.

 

Occorrerà ricordare almeno

d’esser stati

 

uno.

 

*

Le correzioni si mostrano,

nei tratti dolci di qualcosa

che non c’è più per cancellazione.

 

Sono i fuochi concepiti dal dramma muto

entrando di soppiatto nelle stanze come in scena

per sorprendere e partecipare alle continue

trasformazioni della materia.

 

*

Gli allontanamenti creano sobbalzi

particelle smosse dagli occhi.

Pulsazioni che saltano in resistenza separando

il ritmo accurato dal cuore.

 

Qualsiasi apertura come una granata

acronica è lasciata alla sua fine

inesorabile, annientata dallo spazio-turbine,

esplosione nell’aria e nei polmoni di parole mai pronunciate.

 

Sapere di esserci è contenere una paura, una

gioia scomoda del salvarsi che non fa passeggeri,

senza fermate, appartenere alla venuta al mondo

(che riporta a casa) che richiede proprio e soltanto il bene.

 


Martina Campi, autrice e performer, ha pubblicato: Quasi radiante (Tempo al libro, 2019), La saggezza dei 9corpi (L’arcolaio, 2016), Cotone (Buonesiepi Libri 2014), Estensioni del tempo (Le Voci della Luna Poesia, 2012 – Vincitore Premio Giorgi), e la plaquette È così l’addio di ogni giorno (Corraino Edizioni 2015), con il poeta V. Masciullo. Curatrice, con A. Brusa e V. Grutt, di Centrale di Transito (Perrone Editore 2016). Fa parte del Comitato Bologna in Lettere. Co-fondatrice, insieme al compositore polistrumentista Mario Sboarina, del progetto Memorie dal SottoSuono – The poetry music experience.