Flavio Ermini, Ranieri Teti, Mario Varini

Alice Pareyson, una poesia inedita, “Santificati Uffizi”, nota di Ranieri Teti

Quando una poesia si conclude con una domanda lascia una sorta di sfida al lettore, a una ideale platea.

Il testo si trasforma in una proposta di condivisione che rilancia con più forza ancora il tema originario. Tutto questo non è semplice, ma Alice Pareyson ha il dono di non preoccuparsene, inserendo nell’opera una dose di arguzia produttiva ed efficace.

Paola Nasti, dalla raccolta inedita “Cronache dell’antiterra”, nota di Giorgio Bonacini

Con questa raccolta Paola Nasti ci porta in un mondo altro: atopico, ulteriore, postumo, ma anche in una metafora poetica dove la disgregazione, attraverso una scrittura di notevole capacità visiva e visionaria, sembra muoversi ai fondamenti di una nuova creazione. Ma questo mondo di disappartenenza, sembra non avere solidità e gli esseri che la abitano sono divisi, anche frantumati, o ancor più sciolti dentro e fuori, tra odio e non amore. Al centro la nostalgia delle origini.

Alberto Mori, da "Quasi partita", Fara Editore 2016, nota di Rosa Pierno

Se una partita di tennis consta soprattutto del suo percorso temporale, di cui il punteggio o la vittoria sono solo gli esiti finali, il suo iter si svolge, allora, entro l'indecidibilità o meglio l'iter è il regno assoluto di ciò che accadrà e che non si conosce in anticipo. È un momento nel quale non si può decidere che continuare a giocare, ma anche il modo non passa che per una constatazione del fatto, la traiettoria della palla, quasi fato.

Francesca Monnetti, una poesia inedita, “(F)orma”, nota di Marco Furia

 

 

Forma come possibilità

“(F)orma”, di Francesca Monnetti, è un vero e proprio poemetto le cui diverse direttrici, pur restando distinte, convivono e s’intersecano.

 

Marco Mioli, una poesia inedita, “Senza titolo”, nota di Marco Furia

Descrivere l’enigma

Con un componimento il cui esordio richiama certi serici tessuti cinesi, Marco Mioli mostra una non comune capacità di collegare immagini evocative e visionarie a comprensibili tratti descrittivi, quali ad esempio:

“ cementizi a milano il liberty

si scontrò con le bombe americane”.

 

Non mancano accostamenti davvero sorprendenti

“i sassoni i cimbri l’educazione sessuale

i rifugi alpini i confini le bombe chimiche”.

Laura Liberale, da “La disponibilità della nostra carne”, Oèdipus 2017, nota di Rosa Pierno

La versificazione, in cui comunque la presenza di rari versi liberi accentua la percezione ritmica dei restanti, s'ispessisce con l'utilizzo di parole che costruiscono immagini erose ai bordi da una luce abbagliante, almeno quanto nel loro centro sono precise come un disegno stilizzato, e va costruendo una sorta di parabola privata della linearità del racconto, avente per fulcro la carne, luogo del pensiero e della colpa, delle percezioni e dell'espiazione, del tradimento e della rivincita.

Vincenzo Lauria, dalla raccolta inedita “Teatr/azioni”, nota di Giorgio Bonacini

Trarre poesia dall’esperienza teatrale appare come un naturale prolungamento della materia scenica, verso una sintesi essenziale di sola parola e scrittura. In realtà non è così semplice. Il teatro è una multi-struttura di svariate componenti, mentre la sostanza poetica, nella sua unicità, le contiene tutte dentro un’unica materialità vocale. In questo poemetto, Vincenzo Lauria, riesce nell’impresa di farci vedere“i respiri e le pause” del recitare, con un dire che asciuga e scarnifica il fare teatrale.

Federico Federici, una prosa inedita, “Diario di alcune ore della notte”, nota di Mara Cini

L’idea di stare nello scorrere delle ore lasciando una traccia scritta “ravvicinata” è un espediente narrativo sempre produttivo. Nel caso di questa prosa di Federico Federici ne esce una forma a canovaccio piena di appigli e risonanze, anche per il lettore. Modulazioni, arresti di pensiero, riflessioni, percezioni che sembrano respirare ad ogni granello di sabbia che la clessidra rilascia.

Una registrazione quasi fisica dei sensi, all’erta nella notte.

La sacralità del buio con tutte le sue forme brulicanti (di preghiera?)

Franco Falasca, una poesia inedita, “Le musiche”, nota di Marco Furia

Un necessario enigma

Franco Falasca, con il suo componimento intitolato “Le musiche”, ci introduce in un territorio la cui inquietante atmosfera (che ricorda certe pellicole ambientate in drammatici dopoguerra) non è esente da pronunce che rimandano al mondo della scienza.

Cito ad esempio:

“danze di protoni”

e

“abbeverandosi a una fontana di protoni”.

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