Ranieri Teti

Iria Gorran, prosa inedita "Ghoul", nota di Giorgio Bonacini

Il meccanismo linguistico che l’autrice mostra in questa prosa è straordinario: sale in superficie una scrittura che fa delle visibilità il suo centro d’ampiezza, e lo mette in evidenza senza pudore. Nello stesso tempo però, ciò che sta al fondo e che fa da propulsore, non rimane nascosto nelle profondità sorgive, ma si manifesta in quella che è la sua scrittura.

Maria Grazia GalatĂ , "Quintessenza", Marco Saya Edizioni, 2018, nota di Flavio Ermini

L’annuncio di Maria Grazia Galatà coincide con il portare allo scoperto l’essere, ma non più al modo della metafisica, bensì come un cammino che chiama ed esige un dire finito, esiliato nella sua finitezza; anche e soprattutto quando progetta col pensiero il tratto di fondo del mondo abitabile.

Patrizia Dughero, dalla raccolta inedita "Sensibili all’oblio", nota di Giorgio Bonacini

Il titolo di una raccolta di poesie dice molto di più della sua evidenza letterale, e Sensibili all’oblio, di Patrizia Dughero, non è solo l’ indicazione di un percorso, ma è esso stesso un cammino di ricettività e conoscenza, di richiamo a un gesto linguistico che unisce delicatezza e graffio, quando “il sussurro si trasforma in urlo”. Una scrittura che scava negli eventi che sembrano scomparire dalla memoria o che si perdono nel silenzio o che vengono oscurati da una dimenticanza.

Antonella Doria, poesia inedita" In questa estate che…", premessa di Ranieri Teti

Lungo una mediterranea mappa ideale, lungo meridiani del disincanto, vivono e si affollano similitudini e forse solitudini imperlate dai colori del mare e del cielo.

In questa poesia tutti gli elementi sono compresi: acqua, aria, terra e anche fuoco, rappresentato dal sangue, dai corpi caldi.

Anna Maria Dall’Olio, una poesia inedita "Homo videoludens", premessa di Ranieri Teti

Un ciak dell’autrice-regista fa azionare la macchina da presa, tutta linguistica, come se fosse in presa diretta con un pensiero: un primo piano di sibilanti e di “o” introduce il set, lo spazio generativo verbale in cui agisce l’”Homo videoludens”, dove “la sostanza non è reale”.

Morena Coppola, "Sgorbie e Misericordie di Fratelli Elettrici", Formebrevi, 2017, nota di Flavio Ermini

Una turbolenta scrittura riesce a esprimere compiutamente ciò che resta non detto.

Evoca l’arrivo di un ospite inatteso che ci permette di fare esperienza del rumore dei passi dell’essere stesso, seguendolo nella sua peregrinazione.

Il luogo è il sacro paesaggio nella patria stessa del linguaggio.

Il passo è di colui che è più prossimo alle origini e, dunque, all’orizzonte del destino umano: il poeta.

Silvia Comoglio, poesia inedita "Lucore", nota di Rosa Pierno

Il lucore dovrebbe essere la condizione di possibilità di un vedere diverso. Che cosa è possibile osservare in tale rarefatta condizione di visibilità? Che cosa si possa intravedere in una flebile luce, quando sia questione tutta affidata alle parole, è impresa da far tremare i polsi: la traduzione di due incertezze o, meglio, il passaggio da un’incertezza a un’altra.

Gabriella Colletti, prosa inedita “Il paesaggio e lo sfondo”, nota di Rosa Pierno

Immaginare come si dia il passaggio dal nulla a qualcosa, come da esso si formino le prime note, le prime forme, larvali, ma poi sempre più tenaci, le quali, attraverso metamorfosi, si sviluppano fino a comporre un tema musicale. Sì, perché è questo il tema della prosa di Gabriella Colletti “Il paesaggio è lo sfondo”: la musica. La scrittrice indaga tale formazione, ma per far questo deve creare visivamente lo stato antecedente, quel nulla abissale che tutto sembra inghiottire. Quel nero nel quale tutto sparisce e che ci minaccia.

Maria Benedetta Cerro, "Lo sguardo inverso", LietoColle, 2018, nota di Flavio Ermini

L’esercizio della riduzione al precategoriale per giungere al primo principio è alla base della ricerca poetica di Maria Benedetta Cerro.

Inevitabili, dunque, l’abbandono dell’opinabile e la liberazione dall’incantesimo dell’ovvio.

Diciamolo: qui si tratta di superare la crisi di astinenza dalla verità.

Ci hanno fatto credere che un secondo principio non fosse fattibile.

Ebbene, Lo sguardo inverso contraddice questa credenza.

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