Febbraio 2018, anno XV, numero 38

Laura Liberale, da “La disponibilità della nostra carne”, Oèdipus 2017, nota di Rosa Pierno

La versificazione, in cui comunque la presenza di rari versi liberi accentua la percezione ritmica dei restanti, s'ispessisce con l'utilizzo di parole che costruiscono immagini erose ai bordi da una luce abbagliante, almeno quanto nel loro centro sono precise come un disegno stilizzato, e va costruendo una sorta di parabola privata della linearità del racconto, avente per fulcro la carne, luogo del pensiero e della colpa, delle percezioni e dell'espiazione, del tradimento e della rivincita.

Vincenzo Lauria, dalla raccolta inedita “Teatr/azioni”, nota di Giorgio Bonacini

Trarre poesia dall’esperienza teatrale appare come un naturale prolungamento della materia scenica, verso una sintesi essenziale di sola parola e scrittura. In realtà non è così semplice. Il teatro è una multi-struttura di svariate componenti, mentre la sostanza poetica, nella sua unicità, le contiene tutte dentro un’unica materialità vocale. In questo poemetto, Vincenzo Lauria, riesce nell’impresa di farci vedere“i respiri e le pause” del recitare, con un dire che asciuga e scarnifica il fare teatrale.

Federico Federici, una prosa inedita, “Diario di alcune ore della notte”, nota di Mara Cini

L’idea di stare nello scorrere delle ore lasciando una traccia scritta “ravvicinata” è un espediente narrativo sempre produttivo. Nel caso di questa prosa di Federico Federici ne esce una forma a canovaccio piena di appigli e risonanze, anche per il lettore. Modulazioni, arresti di pensiero, riflessioni, percezioni che sembrano respirare ad ogni granello di sabbia che la clessidra rilascia.

Una registrazione quasi fisica dei sensi, all’erta nella notte.

La sacralità del buio con tutte le sue forme brulicanti (di preghiera?)

Franco Falasca, una poesia inedita, “Le musiche”, nota di Marco Furia

Un necessario enigma

Franco Falasca, con il suo componimento intitolato “Le musiche”, ci introduce in un territorio la cui inquietante atmosfera (che ricorda certe pellicole ambientate in drammatici dopoguerra) non è esente da pronunce che rimandano al mondo della scienza.

Cito ad esempio:

“danze di protoni”

e

“abbeverandosi a una fontana di protoni”.

Lia Cucconi, una poesia inedita, “Tatuaggio”, nota di Marco Furia

Una tatuata denuncia

Con “Tatuaggio”, Lia Cucconi presenta un componimento davvero conciso in cui ogni pronuncia occupa un posto molto ben definito in una sequenza poetica breve ma ricca di valenze evocative.

La poesia si apre con un richiamo a una

“Imprimitura dell’ordine indiviso”

che, nella sua articolata e vivida dimensione, risulta “passeggera” e “parallela”

“dentro a regioni di paesaggi

nei feticci delle quinte

Silvia Comoglio, una poesia inedita, “Antimondo”, nota di Marco Furia

La voce del dire

Con “Antimondo”, Silvia Comoglio presenta una breve versificazione il cui intenso ritmo sembra derivare da naturale necessità: le parole sono proprio quelle e non potrebbero essere altre.

Come staccando il frutto maturo dal ramo, la poetessa propone il risultato di un impegno poetico che chiede di essere ascoltato poiché c’è: insomma, la sua voce è spontanea.

Mauro Caselli, dalla raccolta inedita “Zamejca”, nota di Giorgio Bonacini

Mauro Caselli ci presenta un poemetto, con andamento a scansione di quartine in rima e prologo ed epilogo in versi sciolti a chiusura. Le quartine, che sono il corpo dell'opera, alternano la voce interiore di un figlio, con le parole dirette a lui, del padre che non c'è più.

Così, chi di sé ha solo il ricordo, (il padre) rivive un’esistenza che si manifesta nel figlio, quasi come rispecchiamento, in una triste apparizione di ciò che, " ora e completamente/è quel che lui non è più ".

Enzo Campi, dalla raccolta inedita “L’inarrivabile mosaico”, nota di Giorgio Bonacini

In ogni libro c’è una zona di oscurità, uno spessore d’ombra

che non si sa valutare e che il lettore scopre a poco a poco.

Ne è irritato, ma sente chiaramente che in questo sta il libro

reale, intorno a cui si organizzano le pagine che legge.

(Edmond Jabés)

 

Maria Angela Bedini, una poesia inedita, “Come la prima volta”, nota di Marco Furia

Espressive articolazioni

“Come la prima volta”, di Maria Angela Bedini, è una sorta di viaggio poetico (non a caso il componimento si apre con la pronuncia “io parto”) attraverso immagini, emozioni, sensazioni, pulsioni, che, per così dire, tendono a mostrare la non discordanza delle loro diverse fisionomie.

Condividi contenuti