Paolo Ferrari, Saggio – poema del pensare assente

Paolo Ferrari 

Saggio-poema del pensare assente

Per una miglior vita nel passaggio dall’aldiqua 

Testo poetico 

* 

Nello spazio alle mie spalle, un segnale

di ricerca. Verifica d’una punta di realtà

che mi era apparsa troppo silenziosa

per essere vera, com’era. E come s’è

                                                    sentito

attraverso il comune pensiero di

                                                    uomini

e di dei, a immagine degli uomini

                                                     più chiari

e disposti a vivere/morire come

                                                      tacere,

non risponde alla sollecitazione spasmodica

del senso del non-avere, non-avere

                                                      la morte

tra le braccia oblunghe, tre le ferite

                                                      d’uno choc

che il tempo dell’attuale conferma e

                                                       conquista

giorno dopo giorno, senza attendere il

passeggero, il nocchiero, la donna e

                                                       il signore,

la venuta dell’essere: a mettere in

                                                       ordine

la vera, la vera-negazione in morte,

                                                       come sogno. 

       Nota critica di Giorgio Bonacini 
 

   E’ possibile una poesia della mente che possa attuarsi concretamente in modo tale da superare le forme conosciute della versificazione (non tanto nella forma evidente, ma nelle ragioni che la generano in quella particolare struttura cognitiva), per approdare a una dimensione teorica che salga in su- perficie con una tensione lirica astratta? Certo è difficile produrre un testo simile: un’opera cioè che sia ancora poema, ma altamente distillato in una formulazione estrema del pensiero. Ebbene il tentativo di Paolo Ferrari, con questo Saggio-poema, va decisamente in questa direzione.

   L’opera, che si presenta come un insieme di 260 strofe-pensieri, intesi a dare significazione alla sua idea di Assenza, articola questo concetto nel vortice stratificato di un pensiero originale e arduo, che affonda le sue radici nelle discipline conoscitive più importanti: letteratura, filosofia, psicanalisi, antropologia, neuroscienze, sono poste in azione per indagare un’idea di scrittura che sia veramente un processo pensante. Una scrittura, cioè, che se vuole veramente essere tale, non può non manifestarsi come astrazione di un pensiero flessibile e senza contorno, la cui mancanza non è un annul- lamento, ma “un mancamento mancato” che, “all’origine di ogni azione umana”, si presenta come un’assenza che arricchisce. Infatti nel caso della parola il punto più abissale di senso lo si raggiunge nel silenzio: che non è semplice nulla (anzi non lo è affatto), ma è voce che suona nel rovesciamento “di quel suono che ha in sé il silenzio /.../ da cui deriva e che esso stesso conferma”. E per Ferrari questa condizione di silenzio attivo si precisa non nella lingua in generale, ma più in particolare nella scrittura: dove, a volte, dalle sue profondità anche l’indicibile sale in superficie. E qui, in questo primeggiare della scrittura sulla lingua, ci sembra di vedere un’eco di quel “piacere del testo” di cui Barthes aveva, così lucidamente, scritto. Infatti, ad un punto di questo saggio-poema, si legge che “nella lingua in generale non c’è sufficiente verità. Nella scrittura talvolta questa verità affiora”. E ciò anche se le parole spesso escono strozzate, e vivono nella mancanza di un nome che dia senso alle cose e a una realtà non ancora contenuta.

   C’è, in questo testo, un’adesione dirompente ai meccanismi che producono i sensi aperti del pensiero: una ricchezza di percezioni cognitive che possono certamente produrre in chi legge “affaticamento”, ma in totale coerenza con la difficile ricerca, in poesia, di parole dai significati plurimi, non consumati ma rinnovati costantemente. Perché scrivere è certamente fare arte, ma è anche un atto vitale, calato in una realtà che da sola non è mai sufficiente se “occorre una ferita, un’assenza” per fare in modo che sia “possibile ciò che chiamiamo esistenza”.