Massimiliano Finazzer Flory, Trittico sulla parola

Massimiliano Finazzer Flory, “Trittico sulla parola”  [1] [2] [3]

Nota critica di Marco Furia

La parola 

Con “Trittico sulla parola”, Massimiliano Finazzer Flory presenta in forma poetica una riflessione che, fin dalle prime battute, sfugge ai canoni dell’ ordine logico per proporre non tanto un’ idea, quanto un’ ineffabile biologia del linguaggio. 

Ineffabile nella sua immensa totalità, ossia non possibile oggetto d’ analisi esaustiva, nondimeno concreta valenza: “il linguaggio è un veliero”, ma i mari attraversati non sono misurabili una volta per tutte, poiché uno scafo siffatto, in perenne navigazione, non risulta nettamente separato dall’ acqua che lo sostiene e le coordinate tracciate possono subire modifiche, scomparire del tutto, ricostituirsi all’ improvviso. 

A ben vedere la lingua, qualunque lingua, se viene adoperata è sempre “madre”, nel senso che, comunque, anche là ove tentenniamo usando strumenti poco noti, non possiamo tradire noi stessi, in quanto non coincidiamo con l’ espressione, ma lo siamo. 

Tanto, con scrupolosa eleganza, suggerisce Flory il quale, sapiente, si serve di forme piane, di costrutti non troppo inusuali almeno nell’ aspetto, capaci d’ indurre a riflettere sugli “argomenti” proposti, come sulle stesse modalità di proposizione. 

Non occorre rivolgersi a ricercatezze di maniera, se è vero che “Domandare la parola è / interrogare una virgola in partenza”, ossia che un utile esame della dimensione espressiva può partire da materiale anche minimo, disponibile, presente, per nulla occulto. 

Insomma, il Nostro non ci guida lungo un itinerario, bensì ci mostra una direzione lungo la quale innumerevoli percorsi sono praticabili, invitandoci ad assumere la responsabilità di una scelta. 

Evidente, in lui, la radice etica.