Mauro Dal Fior, Del bianco

Mauro dal Fior, “Del bianco

Nota critica di Marco Furia 

A parlare del bianco 

Certo parla “del bianco” il testo, così intitolato, di Mauro Dal Fior: un bianco esteso e ridotto, un tutto e nulla o, meglio, un tutto che contiene anche il concetto di nulla. 

Resosi ben conto delle ampie possibilità di un linguaggio, quale quello poetico, aperto nei confronti di ogni possibile propensione, ossia del tutto autonomo quanto a direttrici, Dal Fior, memore degli insegnamenti della migliore avanguardia, s’ interroga sul mezzo adoperato e, più nello specifico, sullo strumento adatto alla bisogna dell’ oggi. 

La risposta è una scrittura fortemente allusiva capace di legare l’ uso di tratti non troppo lontani dai canoni quotidiani a un’ acuta riflessione su tale stesso impiego: non si è in presenza di forme d’ avanguardia spinta, ma di espressioni poetiche capaci di far rivivere, senza cadere in stanche ripetizioni, lo spirito di certe importanti esperienze del secolo scorso. 

Con ritmo battente, ribadendo, per ben otto volte, agile, il verso “Parliamo del bianco”, il Nostro riesce a far balenare immagini vivide, dagli originali lineamenti, nel cui ambito inedite modalità linguistiche, gusto per la provocazione, nonché riferimenti agli oggetti, si fondono in felice connubio. 

Così, disponibile a praticare un dire non fine a sé medesimo (“Parliamo del bianco / che gli inganni cancella”), la poesia mostra lo svolgersi di un itinerario che svela nelle sue pieghe linguistiche tratti profondamente umani. 

Del resto, nell’ affettuosa “Dichiarazione di poetica” aggiunta, Dal Fior non nasconde, rendendo omaggio, qui anche nelle forme, a una mai dimenticata avanguardia, in quale “mare” gli sia “dolce” “naufragar”. 

Citazione leopardiana che la dice lunga.