Luigi Nacci, La grande proletaria dei poetinternauti s’è mossa, o no?

Ci sarebbero, dicono alcune statistiche, 2 milioni di poeti in Italia. O meglio: 2 milioni di persone che fanno stampare in proprio o con case editrici, pubblicano sul web, gratuitamente, o guadagnandoci o rimettendoci, i propri versi. La cifra non è sicura, ma inconfutabile è il trend: negli ultimi decenni e in particolar modo negli ultimi anni il numero di persone che hanno sentito e sentono il desiderio di scrivere e rendere manifesta tale passione è aumentato esponenzialmente. Intanto la schiera di lettori generici si è ingrossata ma non con simile vigore: secondo l’ISTAT la lettura di libri riguarda attualmente circa il 40% degli italiani da 6 anni in su (più al Nord, più donne, più nei grandi agglomerati urbani), ovvero 23 milioni di persone.

Poesia e teatro, che a fini statistici formano un settore unico, rappresentano il 3% della produzione libraria. Anche volendo essere ottimisti e partigiani, la poesia potrebbe arrivare al 2%. I romanzi e i libri di racconti sono in testa, con più del 15%. C’è comunque chi sta peggio: i testi di architettura, urbanistica, sociologia, storia della letteratura e della critica. Supponiamo che il 2% dei 23 milioni di lettori sia la fetta dei lettori di poesia, presto fatto: 470mila persone. Quasi mezzo milione di compatrioti che leggono, chi abitualmente, chi di rado, poesia. Eppure le riviste non arrivano a tanto: la prima è “Poesia”, tira 18-20mila copie, ne vende 12mila, e sebbene gli acquirenti siano sempre inferiori rispetto al numero di lettori reali, è difficile pensare ad un audience di centinaia di migliaia di fan (suggestione empirica: nell’edicola vicino a casa mia, in pieno centro a Trieste, l’edicolante da tempo non la tiene più perché, dice, “non vendevo nemmeno una copia”); seguono in ordine sparso, staccate di molto, “Nuovi Argomenti”, “Anterem”, “Semicerchio”, “Atelier”, “Gradiva”, “La Mosca di Milano”, “Polimnia”, “La Clessidra” ed altre con numeri inferiori.

La tiratura media delle opere di poesia, sempre secondo i dati ISTAT, è di circa mille copie, poi c’è chi ne vende 6-7mila (arrivando quasi a scalfire la tiratura media dei ricettari!), come Covers di Montanari-Nove-Scarpa, e chi qualche centinaio, o meno, in genere tra amici e parenti. Dove sono gli altri appassionati di poesia? Evidentemente non sono interessati agli autori viventi, e difatti i libri più venduti sono i sempreverdi in edizione economica e tascabile (Ungaretti, Leopardi, Montale, Neruda, Dickinson, Prévert, Saba, etc., con l’eccezione della viva e vegeta Alda Merini). C’è un però: si moltiplicano nel belpaese i festival (rimando a un mio articolo su “Absolute Poetry”, intitolato Ma sono proprio (really) tutti Festival?: http://lellovoce.altervista.org/spip.php?article431), i reading, gli spettacoli, i corsi di scrittura e di lettura; parallelamente proliferano i blog che hanno a che fare con la poesia – BlogItaly ne conta più di mille, dal diario intimo della studentessa liceale all’ultima tendenza del momento, i blog collettivi, che riuniscono in taluni casi anche autori apprezzati dalla critica e dai colleghi.

Secondo i dati rilevati da Eurisko, il numero totale di persone che accedono alla rete in Italia oggi, anche occasionalmente, corrisponde a oltre 17 milioni, che si riducono a circa 16 se si escludono gli accessi in situazioni esterne, come corsi di formazione, case di amici, biblioteche o bar/internet caffé, e a meno di 13 se si contano le persone che affermano di collegarsi “almeno una volta alla settimana”; sono fra i 4 e i 5 milioni le persone che usano internet tutti i giorni (gli internauti più numerosi sono maschi, vivono nelle regioni di nord-ovest e sono in larga parte insegnanti, studenti e impiegati). Ora, se considerassimo il totale dei fruitori della rete alla stregua del totale dei lettori di libri, tenendo a mente il fatidico 2% di cui sopra, potremmo stimare l’esistenza di un popolo-web di consumatori/appassionati di poesia stimabile tra 100mila e 340mila unità. Ma i blog e i siti di poesia vengono letti da tutte queste persone? Parrebbe di no, nonostante non vada sottovalutata un progressivo incremento: il blog più cliccato è NAZIONE INDIANA (www.nazioneindiana.com), che viaggia su 40mila utenti al mese, ma è la narrativa a tenere banco; generalmente gli onlypoetryblog viaggiano tutti sotto i 30 mila visitatori unici mensili, dai più frequentati, come ABSOLUTE POETRY (www.absolutepoetry.org) e LA POESIA E LO SPIRITO (www.lapoesiaelospirito.wordpress.com), a via via a tutti gli altri che in media hanno tra i mille e i 6mila visitatori mensili con punte di 10mila dovute a zuffe o provocazioni che stimolano fiumi di commenti (per una panoramica si veda la rubrica “Poesia e blog” tenuta su “Tellus folio” da Stefano Guglielmin: http://www.tellusfolio.it/?lev=119&color=darkorange; per alcune cifre e non solo si veda Canti e balli di Christian Sinicco, uscito su “Fucine Mute”: http://www.fucine.com/editoriali.php?url=editoriali/87.htm&pag=1&id=87).

Come mai i blog non sfruttano appieno il bacino potenziale? Si potrebbe rispondere tirando in ballo la solita disaffezione verso la poesia contemporanea, che spesso viene vissuta dai più come “roba da addetti ai lavori”. In parte è così, l’elitarietà e la pesantezza di tanti proclami e di tante scritture leggibili a stento non facilitano l’avvicinamento, ma ciò non basta alla disamina; laddove il “poetese” impera e il sentimentalismo (farcito di parole innamorate) lo insegue, non è detto che ci siano le masse, anzi, le masse non ci sono, nemmeno lì. Piuttosto bisognerebbe domandarsi perché i festival, i poetry slam, le letture abbiano successo, anche – o forse bisognerebbe dire specialmente –   in contesti che farebbero supporre il contrario: città decentrate, cittadine, paesini raggiungibili con difficoltà (due esempi su tutti: Absolute Poetry Festival, che si svolge in marzo in un centro di 30mila persone, Monfalcone, il cui blog ho citato; Stazione di Popolò, a luglio, sul confine tra Italia e Slovenia, in un villaggio di 33 anime: www.stazioneditopolo.it). 

Ipotesi: forse c’è, come afferma tra gli altri Bauman, un riflusso di comunitarismo, un desiderio di affrancarsi dalla solitudine della propria disumana condizione precaria per stabilire dei rapporti umani (semi)solidi (o meno liquidi); e allo stesso tempo si accresce una vocazione strapaesana – venata da spinte reazionarie in taluni casi, da visioni/pratiche equo-solidali in altri – una voglia di fuga dalla città a favore della periferia in quanto luogo della riflessione e della lentezza.

Internet produce un immaginario composito: è prosecuzione della longa manus tecnologica, non-luogo, terra desolata e anonima, balocchiland, rete di scambio di notizie/messaggi/denari, corsia dei 100 metri in cui sfrecciare a velocità inaudite, blob/ragnatela in cui si resta invischiati; oppure è, per chi è lontano dai centri del potere, per chi è impossibilitato dalla malattia, per chi è escluso per qualsiasi ragione, motivo per credere di appartenere al mondo dei benandanti, per affacciarsi alla finestra del circuito globale.

Internet non è la soluzione, è un mezzo, e la poesia non è un organismo autosufficiente, la poesia è se i poeti sono. Se i poeti usano internet per abbattere le mura dell’auto-referenzialità della poesia (italiana, occidentale), allora i risultati si potranno (intrav)vedere: stimandosi in 30 milioni la prossima utenza internauta nel nostro paese, il bacino dei potenziali fruitori potrebbe superare quota 600mila. Riuscire a catturarne almeno la metà sarebbe già un trionfo. Affinché ciò sia possibile, è necessario, a mio modesto parere, che si verifichino alcune eventualità:

  1. i venti/trenta/quaranta blog di poesia condotti con più serietà e assiduità, sia collettivi che individuali (escludo i diari personali), dovrebbero cercare dei punti di contatto, in vista di un’unificazione (cfr: Distretto Culturale) che non semplifichi o banalizzi le proposte, bensì le strutturi meglio, con più rigore, professionalità, al servizio del lettore/ascoltatore (non solo testi “lineari”, anche registrazioni audio, video, opere-poesia multimediali, quant’altro oggi non si possa immaginare);
  2. l’Università, con i suoi baroni, i suoi docenti a contratto e i suoi ricattabili ricercatori dovrebbe aprirsi al web: si dovrebbero realizzare studi sulla condizione della poesia e delle sue trasformazioni attraverso e nei media, promuovere seminari, convegni, aggiornare le tecniche bibliografiche, considerare le pubblicazioni  di poesia e di critica on line degne quanto le rispettive off line anche ai fini di valutazione accademica, contribuire alla nascita di nuove riviste su supporto cartaceo/multimediale che vadano incontro a pubblici diversi, incentivare la formazione di umanisti votati al libro antico tanto quanto ai codici html;
  3. si dovrebbe trasmettere alla forma-blog una quotidiana dose di flemma, pause in cui far decantare le riflessioni, forum con commenti che proseguono per settimane, non solo giorni o ore, come succede solitamente (regolare e far ruotare le figure dei moderatori, senza che ciò si traduca in ritorno all’ordine a scapito della vivace anarchia del mezzo);
  4. infine, per tornare al tema del rinato comunitarismo e del desiderio di fuga dai centri (dal centro), bisognerebbe ispessire il cordone tra internet e realtà, affinché il pubblico abbia la possibilità di instaurare relazioni sensibili con i poeti e gli operatori culturali del web, di sentire dal vivo una lettura di testi o una performance o una relazione, dopo averla magari assaporata su YOU TUBE.

La grande proletaria dei poetinternauti s’è data una mossa. Nel 2006 si sono svolti dei BLOG-MEETING a Macerata e Foggia, il mese scorso a Monfalcone (una serie di interviste a cura di Christian Sinicco che ha anticipato il meeting si trova nella sezione “BlogMeeting” di “Absolute Poetry”: http://lellovoce.altervista.org/spip.php?mot7;  il verbale della riunione è stato redatto da Massimo Orgiazzi e si può leggere su “L’Attenzione”: http://lattenzione.com/2007/03/30/absolute-blogmeeting/#more-215), a fine aprile la discussione continuerà a Bazzano (maggiori notizie qui: http://lellovoce.altervista.org/spip.php?article700). Sono state formulate delle proposte ed è palpabile l’esigenza, da parte dei poeti che vivono la rete, di darsi appuntamenti fissi in carne e ossa. Non ci è dato sapere se saranno fruttuosi, o se, come scrive Mutis, todo irà desvaneciéndose en el olvido / y el grito de un mono, / el manar blancuzco de la savia / por la herida corteza del caucho, / el chapoteo de las aguas contra la quilla en viaje, / serán asunto más memorable que nuestros largos discorsi.

Luigi Nacci (Trieste, 1978) è insegnante e operatore culturale. Dal 1999 – anno in cui ha co-fondato il gruppo de "Gli Ammutinati" – organizza/partecipa a letture, convegni e festival in Italia e all’estero, sia in gruppo che singolarmente. Ha pubblicato per Battello stampatore – editore per cui cura la collana di poesia "i libretti verdi" – la plaquette d’arte Il poema marino di Eszter (2005) e, nel 2006, il saggio Trieste allo specchio. Indagine sulla poesia triestina del secondo Novecento. Nello stesso anno ha dato alle stampe il poema disumano in due versioni: il solo testo nella collana di poesia "Opera prima" curata da Flavio Ermini per la Cierre Grafica, con l’introduzione di Ermini e la postfazione di Iain Chambers; la versione integrale (disegni di Ugo Pierri , musiche e effetti fonici di Lorenzo Castellarin) a cura di Gianmaria Nerli, con introduzioni di Nerli e Marianna Marrucci e la postfazione di Rosaria Lo Russo, per le edizioni della Galleria Michelangelo di Roma. È redattore di "Absolute Poetry" (www.absolutepoetry.org) e collaboratore del web-magazine culturale "Fucine Mute" (www.fucine.com). È finalista al Premio "Antonio Delfini" 2007.