Flavio Ermini, Variante 2007 dell’editoriale 1992

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“Anterem” 45, dicembre 1992: Varianti.

“Variante” 2007 dell’editoriale

Si scrive una parola e poi si volge lo sguardo verso il suo contrario. O verso la sua origine, nell’articolarsi del tempo e dello spazio proprio delle archai. In questo percorso una frase dà luogo a nuove frasi. Il testo dà dimora a un senso mutevole.

Da un’idea all’altra, da una parola sola a qualcosa di simile: il variare della luce getta ombre sensibili quando è solo interiore. Non in altro modo l’uomo obbedisce alla legge di conservazione.

A quelle ombre si accosta il poeta quando manifesta, in forma di varianti, i diversi motivi del suo dire. Varianti: dove ogni esito può costituire un nuovo inizio e ogni risposta si trasforma in domanda: seguendo il suono a cui aveva dato luogo la genesi del testo, oppure attraverso la divisione dell’anima nella moltiplicazione dell’io. Alla ricerca di una forma volta a schiudere un nuovo senso. Un processo di rivelazione? Forse. Noi diciamo: rileggete ciò che è scritto: saprete come avvenne.

In poesia non c’è differenza tra prevedere e ricordare. Un fatto di conoscenza passato non è così diverso dalla conoscenza anticipata di un fatto di coscienza futuro. È il tempo del poeta, quello dove si conservano i nomi, da giorno a giorno, nel variare della luce.

Il dire si fa temerario quando torna all’antico groviglio, alla parola cancellata dell’inizio. E spinge l’autore a portarsi più in là dell’incoscienza, fino ad approssimarsi allo zero. È un procedere per lampi, nei quali non c’è il tempo d’intravvedere l’accendersi di altre fiamme.

Pensare: avanzare, sostare, inoltrarsi nel mondo delle cose, deporvi le idee senza impugnarle, indietreggiare, scartare, immettere, favorire ogni processo di mobilità. Così fa la scrittura poetica: azionare incessantemente il continuo capovolgimento del mondo, proprio mentre ne custodisce fermo lo spirito.

Flavio Ermini è direttore di “Anterem” (biobibliografia).