Antonio Bux, da “Sistemi di disordine quotidiano”, Achille e la Tartaruga 2015, nota di Davide Campi

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Antonio Bux, in questa come in altre precedenti opere, sviluppa i suoi testi in forme diverse, fisicamente avvicinate per area concettuale, che risultano tra loro complementari e convergenti ad illuminare in suoi sistemi caotici della percezione.

I versi in corsivo, alti, evocativi, potenti per introdurre o, a volte anche per chiudere un campo di indagine, quasi a misurarne valore e universalità, come scrive proprio all’inizio: “La memoria/si genera/per ombre,/e solo conserva/il suo lato/retrostante”.

Le prose poetiche, il cui inizio colloca e definisce con un ritmo da cantilena breve che poi mano a mano si allarga e si riempie di strappi e crepe seguendo l’articolarsi e deteriorarsi nei suoi stadi più disgregati di un qualsiasi sistema complesso sottoposto a percezione.

Le poesie, in cui avviene la vera narrazione del corpo del soggetto, a volte in versi lunghi e inaciditi, altre con verso breve e più lirico, sempre e comunque musicali, concettualmente quasi –e ribadisco “quasi”- circolari, spesso con una piccola “fuga” finale priva di redenzione.

Una scelta precisa e obbligata dalla complessità e irriducibilità dell’oggetto dell’indagine poetica.

 

Dalla sezione “Scotomi”

 

Da Smistamento dell’invisibile

***

Sono le vecchie pose

che rimangono accese

come a contrastare l’ombra,

la forza oscura arrugginendo

l’origine nell’ossidazione

di una fiamma primitiva”

Di tutto un fascio che avvolge

vi è sempre un filamento più teso

che avanza per sé, e da solo riprende

il peso che unisce – ma poi si ferma

a piegare le entrate, le distende sui lati

e si spezza da sé, come la memoria:

continua il ritaglio per stringersi ancora.

 

Dalla sezione “L’inversa voce del respiro”

 

***

Dell’acqua su più strati, curva anomala

o solo onda senza ritiro, una marea

che già è furia prima di erigersi,

rovescio del luogo nel luogo riflesso”

Se un dipinto muove i luoghi,

li contiene in un acquerello,

allora l’effimero vive il disegno,

non la base reale, né la sostanza

dove prevale l’affanno invisibile,

come fluttuando nel pastello lucente

quando un dito ripercorre l’universo

- e dentro un confine d’ombra lo cancella –

nell’introspezione visiva custodisce l’addio.

 

***

Dunque: somigliarsi allo specchio

prima ancora che il vuoto disegni

la forma a svanire, l’immagine

più ostile, quell’altro che rimane”

Nel bianco sporco della pagina

smacchia la lavanda del pensiero:

si stende invano sul dorso del foglio

e all’inverso produce

il chiarore, la luce insicura

nel tramonto della parola.

 

 

Antonio Bux (Foggia, 1982). Vive tra la Spagna e l’Italia. Suoi lavori e recensioni sono apparse in numerose antologie (tra le quali piace citare A sud del sud dei santi – Sinopsi, Immagini e Forme della Puglia Poetica. Cento Anni di Storia Letteraria (a cura di Michelangelo Zizzi, LietoColle Edi­tore, Faloppio, 2013); InVerse 2014/15 - Italian poets in translation (a cura di Brunella Antoma­rini, Berenice Cocciolillo e Rosa Filardi, John Cabot University Press, Roma, 2014/2015); Poeti della lontananza (a cura di Sonia Caporossi e Antonella Pierangeli, Marco Saya Edizioni, Milano, 2014), e sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani nazionali (come Corriere della sera e L’Unità) oltre che in diverse riviste (tra le quali Italian Poetry Review, Poesia, L’Ulisse, La Manzana Poética, Hyperion) e lit-blog (come La dimora del tempo sospeso, Nazione Indiana, Poesia 2.0, Otra iglesia es imposible) sia nazionali che internazionali, dato che molti suoi testi sono stati tradotti in spa­gnolo, francese, inglese, catalano, tedesco, rumeno e serbo. Ha curato la traduzione del libro Ventanas a ninguna parte (Gattomerlino Superstripes, Roma, 2015) dell’autore spagnolo Javier Vicedo Alós, oltre che la traduzione di testi scelti di autori tra i quali Leopoldo María Panero, Julio Cortázar, Dário Jaramillo, Álvaro García, Antonio Cabrera, Jaime Saenz, Pere Gimfer­rer, Pedro Salinas, Vicente Aleixandre, Samanta Schweblin e tanti altri ancora. È autore dei libri Disgrafie (Poesie 2000-2007 e altre poesie) (Edizioni Oèdipus, Salerno-Milano, 2013; libro vincitore della XXXVII Edizione del Premio Minturnae Poesia Giovane “Ornella Valerio”); Trilogia dello zero (Marco Saya Edizioni, Milano, 2012; libro finalista per l’opera edita alla XXVII Edizione del Premio Lorenzo Montano); Turritopsis (Di Felice Edizioni, Martinsicuro 2014); 23 - fragmentos de alguien (libro scritto direttamente in spagnolo, edizione bilingue; Edi­ciones Ruinas Circulares, Buenos Aires, 2014); Sistemi di disordine quotidiano (Achille e la tarta­ruga edizioni, Torino, 2015). È risultato vincitore del premio Iris di Firenze nel 2014, e finalista al premio Poesia di strada, sempre nello stesso anno. Collabora con diversi editori e scrive per alcune pagine culturali sul web. Gestisce il blog Disgrafie (antoniobux.wordpress.com) e, per le Marco Saya Edizioni, la collana Sottotraccia.