Massimo Mori, Performer

a cura di Stefano Lanuzza, Giubbe Rosse, Firenze, 2005, pp. 64, s.i.p.

Si tratta di una lunga, esauriente intervista (meglio, di una serie di interviste) che Stefano Lanuzza “porge”a Massimo Mori, poeta performativo, “da oltre un trentennio sperimentatore solista della poesia visiva e fonetica”, “cultore della dialettica fra scienza e arte, laico evocatore dei creativi demoni dell’analogia” (come scrive Lanuzza); dagli anni ’80 direttore artistico degli “Incontri letterari” presso le fiorentine, storiche “Giubbe Rosse”; ideatore e curatore (negli anni Ottanta), a Firenze, del circuito di poesia “Ottovolante”, “felice connubio tra associazionismo culturale, movimento della poesia e una diffusa creatività” (ancora Lanuzza). Né si dimentichi la pratica di esperto conoscitore e maestro di T’ai Chi Ch’uan. Un profilo, dunque, intenso, ottimamente delineato nelle proprie specificità, questo che Lanuzza traccia ed espone.

Ma è poi soprattutto all’universo della poesia “totale”, al rapporto tra scrittura e visualità, alla “poesia in azione”, all’arte dell’improvvisazione che il libro guarda, interrogandosi e proponendo al lettore un affresco di rimandi, richiami, stimoli critico/teorici, etiche sollecitazioni, dichiarazioni di poetica “totale” (non totalizzante): tutto ciò per ben definire e prospettare a chi legge l’ambito delle ricerche in cui Massimo Mori si muove ed opera, a partire dall’ esperienza futurista che ne è come l’incunabolo, la sorgente.

Questa “voce a + Voci”, questo “training corporale” (come Mori stesso definisce il proprio “fare”), questo esprimersi “ ‘all’incrocio’ tra paradigmi culturali, saperi sociali e relazioni artistiche multiple” (così ancora Mori) hanno prodotto negli anni opere ed “azioni” come il poema concreto CODEX (del 1989), la performance “Combattimento con l’ombra” (del 1990), il”poema” STONEFAX (definito “pietra-poema-serena”, del 1993); ancora “Yin – Yang. Tavolino e sedia per l’ospite gradito”; le performance PERDOINDIO (del 2001), Dramatis personae, e così via.

Un vasto affresco, dunque, per una vasta esperienza. Da non dimenticare, nel volumetto, la sezione “Iconografia”, scelta di foto relative a molte delle attività suddette, giusto secondo l’illuminante esergo di Marinetti: “Le immagini non sono fiori da scegliere e da cogliere con parsimonia, come diceva Voltaire. Esse costituiscono il sangue stesso della poesia. La poesia deve essere un seguito ininterrotto d’immagini nuove…”

Mariella Bettarini