"Paradis" - traduzione della IV di copertina

Una pallida luna, dove  - in modo provvisorio - appaiono le prime anime beate, secondo una sembianza nostra riflessa in acqua limpida, ci accoglie e familiarizza con la terza cantica del Poema sacro : la più sorprendente a vari titoli. Siamo "là  've s'appunta ogne ubi e ogne quando" (XXIX, 12), un non-luogo ineffabile che il poeta viaggiatore ha nondimeno l'incarico di transmetterci, raffigurandolo sotto delle apparenze accessibili ai nostri sensi. Forse anzi a tutti i sensi, come cercasse già di "trovare una lingua" (Rimbaud), e sarà quella degli angeli. Cosicché acceleriamo con lui, trascinati dal riso sovrumano della sua Beatrice, filiamo dietro di loro nel vortice enorme della luce, attraverso gli otto cieli dei pianeti e delle stelle, foriamo il nono cielo cristallino (primo mobile) vertiginosamente mosso dai cori angelici, su fino alla specie di eccitamento cosmico della "candida rosa" visitata senza tregua dai messaggeri dell'Amore divino, colma nella pace immutabile della vera presenza degli eletti, fuori di ogni ingenua rappresentazione. Lontano dalla pochezza di un mondo "che ci fa feroci". In mezzo a quell'empireo di quieto avvampare, ove Beatrice con tutte le altre anime ha ripreso posto, una guida ultima, san Bernardo, condurrà per finire - non senza l'intercedere della Vergine regina - alla brevissima eppur interminata contemplazione di Dio.
Come per i due libri precedenti, la traduzione tenta di seguire quel continuo slancio attraverso lo spazio aperto e gli interstizi d'una lingua altra, anch'essa capace di stabile base e d'invenzioni inaudite, di variazione, di colori e ritmi regolati, di poesia per coloro i quali, leggendo, vorranno riceverne "l'onda / che si deriva perché vi s'immegli".
Il testo originario, rivisto dal traduttore sull'edizione critica del Petrocchi, è tra quelli al momento disponibili uno dei più affidabili.