RicercaCarte nel VentoSostieni la poesia Indica il Tutti i tag di Anteremtags in Carte nel ventoMarzo 2020, anno XVII numero 45
Dicembre 2006, anno III, numero 5
Aprile 2019, anno XVI, numero 43
Gennaio 2010, anno VII, numero 11
Marzo 2009, anno VI, numero 10
Marzo 2008, anno V, numero 9
Maggio 2007, anno IV, numero 7
Novembre 2007, anno IV, numero 8
Novembre 2019, anno XVI numero 44
Febbraio 2019, anno XVI, numero 42
Marzo 2011, anno VIII, numero 14
Gennaio 2017, anno XIV, numero 33
tags in Premio MontanoXXXVII Edizione Premio Lorenzo Montano
XXI Edizione Premio Lorenzo Montano
XXII Edizione Premio Lorenzo Montano
XXXVIII Edizione Premio Lorenzo Montano
Premio Lorenzo Montano
XXIII Edizione Premio Lorenzo Montano
XXXIII Edizione Premio Lorenzo Montano
Storia del Premio
XXXI Edizione Premio Lorenzo Montano
XXXIV Edizione Premio Lorenzo Montano
XXX Edizione Premio Lorenzo Montano
XXXVI Edizione Premio Lorenzo Montano
Il nuovo libro di Flavio ErminiNovità editorialiSono stati pubblicati da QuiEdit gli Atti della giornata di studio dedicata dalla Biblioteca Civica di Verona e da Anterem a “Lorenzo Montano e il Novecento Europeo. Gli interventi qui riuniti sono di Giorgio Barberi Squarotti, Flavio Ermini, Gio Ferri, Claudio Gallo, Maria Pia Pagani, Tiziano Salari. Curatore degli Atti è Agostino Contò, a cui si deve l’introduzione al volume. Viaggio attraverso la gioventù di Lorenzo MontanoViaggio attraverso la gioventù di Lorenzo Montano viene edito per la prima volta da Mondadori (1923). Successivamente l’opera sarà pubblicata da Rizzoli nella collezione B.U.R. (1959), con un saggio di Aldo Camerino (1901-66). Tale saggio viene riproposto in questa terza edizione, che si presenta arricchita da una biografia e una bibliografia aggiornate, a cura di Claudio Gallo, oltre che da una riflessione interpretativa di Flavio Ermini. Premio speciale della giuria Lorenzo MontanoNell’ambito del Premio Lorenzo Montano XXVIII edizione il Premio Speciale della Giuria "Opere Scelte - Regione Veneto" è stato attribuito dalla Giuria del Premio a Luigi Reitani La poesia del pensieroIntervista con Flavio Ermini a cura di Antonio Ria Flavio Ermini è stato intervistato da Antonio Ria il 15 gennaio 2013 negli studi di Milano della RSI / Radiotelevisione svizzera – Rete 2. Nuclei centrali dell’intervista sono stati: il suo ultimo libro Il secondo bene (Moretti&Vitali, 2012) e la poetica della rivista “Anterem”. Contenuti più vistiChi è on-lineCi sono attualmente 0 utenti e 1 visitatore collegati.
|
Italo Testa: Nota teorica e poesie edite e inediteDell’etologia poetica 1. L'impulso all'espressione, dapprima tensione mimetica ad assimilarsi alle cose, si arresta nella cesura formale, con un colpo all'indietro che lo riporta su se stesso. Solo di qui è possibile un ritorno alle cose, ora prossime perché estranee. Così l'adattamento non è puro conformismo, bensì tensione che trasforma, metamorfosi. In questa direzione la poesia supera la forma tradizionale delle architetture verbali, basata sull'opposizione figura/sfondo, e si riallaccia alla concezione topografica figura/figura: diventa elemento sporgente ma fuso nel terreno dell'esperienza. La figura, mentre si integra nella topografia del luogo, insieme ne deforma il profilo, escrescenza linguistica che genera nuove forme di vita, inedite morfologie linguistiche. Come un un'arte del paesaggio essa s'innesta nel terrain vague, tra i margini inselvatichiti di parole e cose, rinvigorendone gli arbusti e rendendo riconoscibile la silva dove prima si scorgeva solo un panorama di rovi e detriti. 2. Così, con cura biometrica, l'ars poetica continua la sua tessitura, anche quando le strutture consolidate, le tradizioni si sfaldano. Il grado zero della cultura, che in certi momenti sembra prossimo come non mai, è forse anche un'occasione per la poesia che, come pratica istitutiva, non necessita, nel suo fare paziente, di una legittimazione esterna. In questa prevalenza dell'agire, del fare, la scrittura poetica torna alla sua qualifica di ape operaia, di silenzioso e operoso artigianato che tesse una tela mai pienamente aggiudicabile ideologicamente. Certo, vi e' anche la resistenza dai margini e la salvezza dell'esclusione: ma qui la poesia resiste proprio perche' viene meno il lungo errore dell'appartenenza piena. Quando il tutto che la teneva coesa come pratica culturale si dissolve, la poesia continua a sporgere da quel terreno guasto, facendo segno ad altro. Non piu' sorretto o puntellato da un sistema riconosciuto di valori, questo gesto, acme dell'individuazione, torna a poggiare sull'etologia poetica della specie, ma proprio in questa nudità si osserva dal futuro. Da Come non torni. Quartetti per la fine del giorno, inedito, 1990-1995 INVITO Silenzioso il cielo sussurra inviti ad abbandonare l’arsura, lievi le vostre voci un cristallo raccolga.
Grumo immemore attende nel tepore di una calda palude: non ala, battito che franga lo specchio d’acque oscure anteriori al giorno. * Come non torni, che sgocciola e fa buio, quasi si leva dai fossi uno spicco d'urlo, non sai che in povertà si consumano bosco e cielo, un ramo che nella nudità t'incarni, come non parli, del crollo della vigna, dove nascosto ancora pregavi, è vuoto il cesto degli aculei e tu non torni, la stanza è vuota di un nulla, un’attesa vigile che un qualche fuoco arda, perché non mormori la condanna, il casolare ormai deserto, solo ombre quelli che ti cercavano, quell'ultimo rintocco. CONGEDO Come la vita che scorre intatta e attraversa la notte: la perdita è paglia e il silenzio è dono. Da Gli aspri inganni, Lietocolle, Como, 2004 I. Devi fare attenzione, orientare lo sguardo in direzione del flusso: è bianco il velo che lambisce i contorni, che accieca: tu al bianco devi cedere, muto aderire all’indifferenza delle cose. II. Misura il respiro, lascia aderire alle forme dell’inganno le membra; le ossa tenere sfiorano il suolo a cui il peso dei giorni trattiene come brocche dai cieli bagnate; raccogli, lascia variare i silenzi di cui nel vetro dell’aria t’investi; tu lascia vibrare ancora i colori: se al docile buio un’ombra t’inscrive inarca le spalle, al vuoto confida il resoconto terrestre, gli aspri inganni delle forme: tu socchiudi il passaggio, lenta lascia pulsare distante la peripezia del tempo. III. Se cadi e l’ala non sorregge i passi che nell’azzurro il corpo in volo traccia, lascia scorrere l’inganno splendente ogni cosa fa segno all’estraneo; se nel velo la pupilla si annoda, coda di volpe l’incanto assopisce dal manto del giorno schiuma apparenza; chi perde il sentiero presto fiorisce, cadendo nel vuoto il taglio richiude da cui insanguinato un giorno ti levi; se al suolo un’ombra serena aderisce, lascia vibrare ancora i contorni: la misura si compie, il segno traccia una nuova voluta nell’aria. Da Biometrie, Manni, 2005 RETINE Di ora in ora, appena scatta un allarme da qualche parte una luce si accende tra le tende il tuo corpo si nasconde dalla donna che nella stanza dorme. Poi dal frigo un sibilo si propaga: imbevuto di una tinta acida il quadro luminoso della strada sovresposto sulla pupilla dilaga. Se un elicottero verde veleno sovrasta le insegne della notte battendo ai vetri, dal decimo piano manda il tuo segno al profilo alieno fondi la retina al cerchio radiante del dio in acciaio metropolitano. SEPOLTO, ASSOLTO nel limbo di specchi io mi addoloro su questa pietra tatuata nel gelo nell’abbraccio freddo della marea mi verso se dalla schiuma del vetro riemergo: vedi dell’oscuro le tracce, i lembi sfrangi, ammutolito, nel buio: discanti il gelo, nel taglio di un mondo la semina dei giorni disperdi: nel sonno, io, sepolto assolto dall’evento tendo il profilo la cornea sull’incavo del giorno: preso nel laccio non vedi figure nel fondo del sogno scendi, ricadi frammenti di specchi: KARL-MARX ALLEE 1. niente avrebbe detto, quell’intercalare fatto di brevi sospiri, soffi nel ricevitore, alterne attese, ma non c’era malignità in quelle parole, anche se avevano la durezza di un vetro, quasi gli uscivano senza volere, niente a che fare con le minacce, i ricatti che erano il tessuto di quei colloqui, niente era il suo intercalare, e lì, in quel tic, potevi leggere la conferma di quello che pensava, lamentoso o sprezzante: niente 2. camminavi con gli occhi chiusi, o con le palpebre arrossate, come di chi avesse pianto. Ma non avevi pianto. Niente hai detto, non è stato niente un’increspatura sull’acqua, una spirale sulla sabbia: ad occhi chiusi filtrava la forma vuota delle nostre vite in attesa la geometria lineare della Karl–Marx Allee nel breve declino d’Agosto due ombre nella fuga di vetrate tra la polvere dei cantieri: dal niente la selva di specchi profilava i tuoi occhi una notte qualunque a Potsdamer Platz 3. Inizio dell’estate sotto la nuvolaglia della Ruhr. Ti dibatti ancora nell’ora del falso sentire: in proroga concedi i tuoi giorni, come se il carico fosse inesauribile è ai doveri verso te stesso cui sfuggi perché di te stesso disperi. Ti allontani, vorresti uscire dal sentiero per incamminarti nel folto: detriti di stelle osano ricoprirti, come artigli si configgono
Da Canti ostili, Lietocolle, Como, 2007 DISARMATI
ostili, sì, alla vita sbandiamo sulla traccia illuminata a giorno intorno si dirada il folto della macchia sull'altopiano arioso ad altro è inteso il chiodo puntato sulla tempia nell'ora che si sfalda e rapinoso un volto rimanda svelto un cenno che al mondo ci disarma IMPLACATO il sangue che non hai versato alla battuta d’armi sui calanchi franosi: sbanda nella luce, gira e cade ma la neve, dice, la neve… l’amore che non ha dato frutto alla terra in gesti netti e operosi: è il 24 aprile, ma cade, cade… la paura che non vi ha stretto addossati ai muri sotto i colpi esplosi: così al campo, che ha arato offre le labbra e confida II qui, nei vostri poderi, ricalcando i passi dove la storia ha fissato una tranquilla dimora, prendiamo possesso, noi di un tempo che frana, per una traccia andiamo che a voi ci riconduca: e fiutiamo, se il vento gira, con le narici umide di brina un sangue, implacato, nella neve: ma canta il dolore che accomuna e una lepre, in fuga, sotto i gelsi (Monte Falcone)
SARAJEVO TAPES
VI [16 luglio, spalato: h. 9] un bagno d’ocra, di rocce, di scaglie t’accoglie muri a secco e alle fermate d’autobus murales stinti con bottiglie di pepsi per vie d’acqua, confluendo la macchia verde si penetra all’interno il perimetro del mare ritaglia in occhi verdi laghi cinesi, una cartolina dal mondo: lasciati invadere dall’inganno dei colori lascia scorrere i profili gli occhi degli uomini furono fatti per guardare: e lasciateli guardare
***
VII [per mostar: h. 16] mi dicono che i tuoi occhi sono vuoti mi dicono che i tuoi occhi sono stupefatti segui lo sventolio dei drappi il rosso, il bianco, il blu distesi tra le rocce, sulle case in costruzione a fianco della strada mi dicono che i tuoi occhi non vedono prati mi dicono che i tuoi occhi s’incantano conta, ad uno ad uno, i parallelepipedi bianchi le bianche distese, da ogni lato l’abbraccio del paesaggio fitto di cippi, giallo di luce mi dicono che i tuoi occhi si dissipano mi dicono che i tuoi occhi, i tuoi occhi a seguire le cave di sabbia sul fiume dopo mostar, i mucchi di sabbia e di terra scavati, nella luce, senza ombra, per ogni gruppo di case una distesa di pietre bianche, erette, immobili
|