Ermanno Guantini: La cospirazione

Nota critica di Giorgio Bonacini


La difficile (se non impossibile) traduzione in parola di un’esperienza fisica, perché sempre manchevole nei suoi elementi concreti, offre al poeta la possibilità di una vera e propria prova: riuscire a imprimere (più che esprimere) la significatività del fare e dell’essere in forma di scrittura. E la forza poetica di Guantini è proprio la capacità di dare senso e forma a una estesa sensorialità; riuscire, cioè, a rendere leggibili le percezioni dei cinque sensi, mentre si svolge il cammino tra gli oggetti naturali: luce, erba,aria, bosco, monti, ecc., fino allo “smarrimento dell’orma”  che è configurabile, crediamo, nel percepirsi confusi e fusi completamente nel paesaggio.

C’è una tracimazione lessicale che ricrea i movimenti, gli sguardi, i respiri e le connessioni emotive e mentali che si svolgono nel teatro di una natura vera dove “decanta la delizia del mirto nella lucida esposizione della selva...”.

Ma questo muoversi reale, fisico, completamente immerso in una sensibilità d’attrito e nella ricca fatica di una totalità percettiva (il piede, l’inclinazione dell’occhio, il freddo, il bacio artico, l’olfatto, il palato, la palpebra), è una esperienza talmente avvolgente da portare l’in-terpretazione di ciò che si vive a sregolarsi; ma con lucidità, in una elencazione paradigmatica dove il soggetto pensante (il poeta/cammi-  natore-ascoltatore) quasi scompare. Anzi, si diffonde in ogni particella sintattica, fino allo “stermino del verbo”, che è “senso, argine nella consuetudine del verde...”.

Una poesia, dunque, dove l’immersione e la percettività sono, nel magma di una scrittura tesa, il ribollire di un percorso di dura, aspra, ma anche felice concretezz
a.

 

Testi poetici

 

I.

E che cade: e come, ora, come cieco risiede e incauto avvede, che rivela una minima scansione, il piede, la parentela, l’inclinazione dell’occhio, la percezione cede al di fuori dell’ascendenza; l’assenza nell’incarcerazione della stanza, il plagio della parte sotto la polvere esatta, l’ordine intona il freddo, il bacio artico, l’arte: la circostanza – la riesumazione della luce, la coscienza della perdita, scivola nel comune olfatto la contraffazione del lutto, la luce scende in gradi di cenere, la scena cade nell’acume del palato, la glottide apre, la palpebra imita, l’equilibrio del pudore, senza fermarne il profilo

assiduo, caduco male: colline metallifere, il velluto concede vaioli, screziature in diverse canizie, il precetto della creanza nella contrazione del paesaggio, fertile rinunzia: simulazione di luce, consuetudine in timide putredini, imita; tritone che arride all’escursione consueta, sei costellazioni nella convenzione del bianco, intona distonia sul battente sinistro: il germoglio e il pregio, il silenzio velato, l’apparenza il pregio, l’indugio, appunto, novella coscienza intona la consuetudine del verde, ne diano senso: il cielo, l’ecchimosi, voci di anime, rovi intendi, breve corame – senso, che diano le voci, ad una; l’esibizione madornale nel verde, il padre – la ramificazione, l’orientamento

 

Ermanno Guantini (1973) vive a Livorno. ha pubblicato: Variazioni (Cierre, 2003), Aperto a inverni (D’if, 2004). E’ presente nell’antologia “Nodo sottile” 4, (Crocetti, 2004).