Marzo 2020, anno XVII numero 45

Irene Santori, "Hotel Dieu", Empiria 2015, nota di Rosa Pierno

I versi di Irene Santori sembrano scottare, investiti da una febbre d’amore, una visionarietà che sigilla il corpo con la memoria; meglio sarebbe dire che dissigilla la memoria; che mette in contatto l’amore per i propri figli con la storia della città, ma anche con gli dei. Alla risalita memoriale nulla si oppone. Il sentimento è un liquido che si spande e marchia. La lingua è fiato prima ancora che parola. Non c’è nulla che possa opporsi all’appropriabile.

Andrea Rompianesi, dalla raccolta inedita “Ermeneutica imprevista”, nota di Laura Caccia

Un’altra danza

 

Appare, a prima vista, come un potente ossimoro, che spalanca domande di senso, il titolo della raccolta di Andrea Rompianesi Ermeneutica imprevista. Induce a chiedersi come possa l’esito di un processo, che richiede metodologie razionali e sforzi interpretativi, mostrarsi in modo inatteso, quasi a sgorgare da un inciampo o da un’illuminazione.

Filippo Ravizza, "La coscienza del tempo", La Vita Felice 2017, nota di Flavio Ermini

Non è più tempo di distrarsi, è necessario rilanciare il potere della dissidenza. Questo ci dice Filippo Ravizza.

Le sue poesie sono insorgenze, riflessioni, nuclei erratici di pensiero, apparizioni.

Sono territorialità da condividere con il lettore.

Una disseminazione di unità spazio-temporali irrompe sulla scena dominante e mette in gioco l’apatia del pensiero.

Torniamo a noi, dice il poeta, sapendo di rivolgersi al lettore, attendendolo al varco con parole appartenenti alla sovversione.

Alessandro Ramberti, poesia inedita "La presenza è un profumo che nutre", premessa di Ranieri Teti

Si presenta in modo sensoriale questa poesia.

Sensorialmente ci permette di percepire una materia.

Come l’odore di “quell’albero”. Tanto precisamente indicato, perché è proprio quello,

quanto vagamente citato solo per il suo profumo invernale. Come il sapore del cibo.

In postura di ascolto attivo, questa poesia di Alessandro Ramberti si dispiega nel crocevia delle sensazioni.

E dopo l’olfatto attraversa l’udito, che sembra evolvere in una percezione che aumenta.

Marina Pizzi, "Declini", Macabor 2017, nota di Flavio Ermini

Affondare, sprofondare, interrarsi sono movimenti che si intrecciano con un montare,

un salire, uno stare ritto su qualcosa che è ignoto.

Con Declini siamo al cospetto di una parola attraverso la quale ci congiungiamo a un’ultimità,

un fare insieme soglia ed enigma, apertura e chiusura.

Roberto Piperno, "Monitoraggio vitale", Edizioni Progetto Cultura 2017, nota di Flavio Ermini

Luce. Attesa. Esistenza. Nuovo giorno.

Già i titoli delle quattro parti in cui si articola il libro di Roberto Piperno segnalano un movimento di emersione dall’interiorità

per dissolversi in un molteplice senza identità, per disseminarsi nel mondo.

Un movimento che non induce a fermarsi alla dualità del dialogo, ma porta a comprendere (e a parlare)

Mario Pezzella, "Le nubi di Bor", Editrice Zona 2016, nota di Flavio Ermini

È martellante l’interrogare di Mario Pezzella sul secolo da poco trascorso.

È un lavoro di interpretazione e di confronto con le grandi ideologie e i drammi del Novecento.

È un collocarsi su una soglia che registra la dissoluzione di tante certezze.

C’è un’impressione di quiete in questi testi ed è resa spesso con l’impressione di un movimento, che orienta la parola poetica sul dettaglio.

Margherita Orsino, poesia inedita "La traversata infinita", nota di Flavio Ermini

Margherita Orsino ci racconta una traversata che dal molteplice porta «fino al limite ultimo», ovvero fino all’uno aurorale. Si tratta di una traversata all’interno di due colori possibili: quelli che si vedono perché sono davanti a noi e quelli che si inventano in quanto non esistono in natura.

Riccardo Olivieri, "A quale ritmo, per quale regnante", Passigli 2017, nota di Flavio Ermini

Nella poesia di Riccardo Olivieri assistiamo alla condizione di un passato che lotta per trovare vita nel presente.

Ci viene segnalato che dietro il velo del presente c’è la memoria; ci sono i ricordi da rivivere; una realtà da cambiare.

La scrittura si fa densa al ricordo del padre. Segna un confine e deborda.

Si affaccia sull’impossibilità di rendere abitabile un sorriso che si è spento, uno sguardo che si annebbia.

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