Aprile 2018 anno XV numero 39

Maria Pia Quintavalla, una prosa inedita, “La tragedia di Augusta”, nota di Mara Cini

Un affresco dalle tinte bluastre, un immenso camposanto marino dove le forme della morte, nell’incessante trasformazione delle cose, diventano di nuovo vita. E’ una vita liquida, germogliante, vibrante nelle correnti profonde di acque ascensionali in una vertigine che avvolge.

Certe disperate vicende, nella cornice del racconto, luccicano di sacralità e bellezza (donne che come vele si alzano, non è un Compianto di Jacopo della Quercia? morti che volano, non è una scena del Correggio nella Cattedrale di Parma?).

Gilda Policastro, da “Esercizi di vita pratica”, Edizioni Prufrock, 2016, nota di Flavio Ermini

Gilda Policastro è poetessa, romanziera e critica letteraria. Dal 2017 è docente di poesia presso la scuola di scrittura “Molly Bloom”.

Daniele Poletti, da “Ottativo", Edizioni Pufrock, 2016, nota di Rosa Pierno

L'incistazione di linguaggi specialistici (medico, geometrico, semiotico) sembra espungere di fatto la necessità della cesura dal verso e così anche la necessità dell'inarcatura, ove d'altronde la rottura dei legami sintattici costituisce comunque discontinuità all'interno della consequenzialità lineare, dichiarando la volontà di spingersi nei labirintici corridoi della lingua alla ricerca dell'impossibile lingua ‘perfetta’: intenzione simile, in questo, alla ricerca condotta da Michaux sul versante visivo.

Antonio Pibiri, da “Chiaro di terra”, L’Arcolaio, 2016, nota di Flavio Ermini

Antonio Pibiri con Chiaro di terra è al suo terzo libro di poesia. La casa editrice è L’Arcolaio. L’anno di pubblicazione, il 2016.

Con Chiaro di terra Pibiri vuole rompere i diaframmi dell’oscurità. Ma non per tornare a un improbabile “chiaro di luna” e lì affidarsi a ormai apatiche certezze veritative. No. Pibiri ci sta comunicando che siamo davanti a qualcosa come un gioco d’ombre, in cui proprio attraverso il messo-in-ombra, appena illuminato dalla terra, rende accessibile il senso della vita.

Gabriella Montanari, da “Si chiude da sé”, Gilgamesh Edizioni, 2016, nota di Flavio Ermini

Gabriella Montanari è poeta, narratrice, critica d’arte, fotografa.

Oggetto di studio della sua poesia vuole essere la vita nel suo complesso. Vita intesa non come cosa tra le cose, non come oggetto da definire.

La domanda che Gabriella Montanari si pone è questa: sulla vita in quanto tale, da dove è lecito iniziare a interrogarsi? Per subito soggiungere: chi o cosa interrogare per raggiungere questo scopo?

Francesca Ippoliti, dalla raccolta inedita “I poteri”, nota di Laura Caccia

I domini interiori

Se pensiamo al potere immediatamente riconduciamo l’atto di autorità o di forza ad un agente esterno e, nella sua forma plurale, alle diverse istituzioni o forme di dominio che hanno agito e agiscono nel mondo.

Angela Greco, una poesia inedita, “Studi comparati”, nota di Ranieri Teti

"Perché siamo qui, Angela? Dove stiamo andando?”

Se pensiamo a generi collaterali alla poesia come siamo soliti immaginarla, con gli a capo canonici, restando nell’ambito lineare e senza sconfinamenti nel visivo o nel sonoro, probabilmente viene subito in mente la prosa poetica.

Kiki Franceschi, da “Non c’è tempo per il tempo”, Edizioni Polistampa, 2016, nota di Flavio Ermini

Kiki Franceschi è poeta, artista, saggista. Il suo lavoro è dunque complesso e poliedrico. Precisamente com’è complessa e poliedrica la struttura di questo suo libro: Non c’è tempo per il tempo.

In questa opera, parola poetica e segno, parola riflessiva e canto si intrecciano. E forniscono del mondo una visione colma di contraddizioni insanabili.

Il nostro mondo, ci dice Kiki Franceschi, è sottoposto all’incombere di un disegno che appare inestricabile. Un disegno che a tutti rimane celato.

Valentino Fossati, da "Inverno", CartaCanta editore, 2016, nota di Rosa Pierno

L'uso intensivo della memoria, fino al punto da mostrane l'afasia, con il suo venir meno, quasi a causa dell’essere così strenuamente cercata, apre di fatto una separazione netta fra il sé adulto e il bambino che si è stati. Ora proprio questa netta separazione, equivalente a una perdita innaturale, poiché non possiamo essere, nel presente, che tutto quello che siamo stati, offre anche la misura della ferita e del dolore di cui ci parla Valentino Fossati.

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