Iain Chambers: NYC. The Murder Mystery (Lou Reed)

The Velvet Underground

The Velvet Underground, 1968

NYC: il simbolo della città come luogo della crisi della modernità - dove i linguaggi e le tradizioni sono in transito, in traduzione, e vanno alla deriva; dove il montaggio sempre più accelerato annuncia una poetica non tanto dello svelare, quanto dell'approfondire, il mistero, l'enigma della vita moderna. La storia dei suoni si trasforma inaspettatamente nei suoni della storia con cui sondare il mondo.

Invece di cercare di rivelare tutto, di rendere il mondo trasparente alla propria volontà, restiamo in superficie, cercando un senso, un percorso, un sens, lì. Come nella Pop Art di Andy Warhol, amico intimo di Lou Reed, cerchiamo di prendere sul serio i detriti della città, le briciole della metropoli, i frammenti del transito, e di insistere sulla loro valenza estetica.

Non una costellazione sociologica - la metropoli, la Pop Art, Andy Warhol, i Velvet Underground, le musiche e le culture giovanili - ma anche, e soprattutto, un evento poetico; un evento poetico distillato dal corpo dei suoni, tracciato dalla mano, rilasciato dall'occhio. Al centro dello spazio sociale si trova il corpo. Su di esso è iscritta la storia, e in esso si articola la poetica.

 

Spesso la durezza della metropoli - luogo oscuro di omicidi e misteri - non si lascia decifrare, restiamo osservatori inconsapevoli. Qui, come nel racconto di Edgar Allan Poe, si incontra nei labirinti urbani l'uomo della folla, che resta enigmatico, indecifrabile, altro. Un segno senza spiegazione (Hoelderlin).

Ma l'altro, lo sconosciuto, abita contemporaneamente lo spazio, vive nella stessa città, dimora negli stessi linguaggi. Nella città esiste sempre un'altra città.

Lo spazio urbano, con le sue poetiche e i suoi linguaggi, propone la scena del perturbante - di quel raddoppiamento, o antiterra (come direbbe Flavio Ermini), della modernità; un raddoppiamento che interroga qualsiasi certezza, rendendo la visione opaca, proponendo la soglia dello spaesamento: il non sentirsi a casa quando siamo a casa (Adorno).

Attraverso questo squarcio nell'edificio del consueto, il linguaggio comincia a navigare alla ricerca della possibilità di approdare in lidi diversi, mentre registra i limiti che ci dà il respiro.

In questa poetica del perturbante, le voci, le storie e i corpi che gettano delle ombre sul nostro cammino negli interstizi della città, e nella vita, diventano delle interrogazioni; ferite dell'esistenza pronte ad interrompere e deviare il nostro percorso: svelando l'alterità in cui, in fin dei conti, sia custoditi - ospiti

Iain Chambers è un antropologo, sociologo ed esperto di studi culturali britannico. Membro del gruppo diretto da Stuart Hall all'Università di Birmingham, Chambers è stato uno dei principali esponenti del celebre Center for Contemporary Cultural Studies ivi fondato, che ha dato vita a una fiorente branca della sociologia anglosassone contemporanea. Successivamente si è trasferito in Italia dove insegna Studi culturali e postcoloniali all'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" ed ha fondato il Centro per gli Studi Postcoloniali. È autore di numerosi volumi di successo scritti in inglese e in italiano e tradotti in diverse lingue. I suoi campi di studio spaziano dall'urbanizzazione alla cultura popolare, la musica, la memoria, la modernità.

Pubblicazioni

  • Le molte voci del Mediterraneo, Raffaello Cortina, 2007.
  • Ritmi urbani, Costa&Nolan, 1986, Arcana, 2003.
  • Esercizi di potere: Gramsci, Said e il postcoloniale, Meltemi, 2006.
  • Sulla soglia del mondo: l'altrove dell'Occidente, Meltemi, 2003.
  • Paesaggi migratori: cultura e identita nell'epoca postcoloniale, Costa&Nolan, 1996; Meltemi, 2003.
  • Dialoghi di frontiera: viaggi nella postmodernità, Liguori, 1995.

Da Wikipedia.