Ranieri Teti

Michele Cappetta, prosa inedita “Rovescio”, nota di Mara Cini

à rebours, una leggera vertigine ci prende alla lettura, di questo Rovescio.

Una norma acquisita ci porta a pensare a uno svolgimento in avanti del racconto, in avanti anche se parla del passato. Una parola scritta al contrario ci spiazza, ci rende di nuovo principianti se non analfabeti. E così una pellicola riavvolta, una animazione riportata al fotogramma iniziale, una storia che finisce con il suo principio.

Aprile 2017, anno XIV, numero 35

ANTEREM
RIVISTA DI RICERCA LETTERARIA
 

Carte nel vento n.35

Nuove avventure della parola, della parola che diventa flusso o frammento, della parola più intima o più esposta, scandaglio o periscopio.

Tra riflessioni e visioni, nelle diverse forme e mediante variegati stili, ci accompagnano in questo itinerario alcuni poeti e prosatori dell’edizione 2016 del Premio Lorenzo Montano: Maria Angela Bedini, Michele Cappetta, Enrico De Lea, Mauro Germani, Angela Greco, Emiliano Michelini, Alice Pareyson, Giacomo Rossi Precerutti.

Simili a parole che corteggiano altre parole, le presentazioni dei redattori della rivista “Anterem” per ciascun autore proposto: esperienza che proseguirà anche con la nuova, prossima a scadere, edizione del Premio scarica il bando della 31^ edizione del Premio Lorenzo Montano

In copertina: Forum Anterem 2016, immagini di Franco Falasca

Francesco Bellomi, scrivere musica per il Premio “Montano”. Immagine di Marina Busoni, Forum Anterem 2016

 

«parlare di musica è come ballare di architettura»


(frase attribuita a Frank Zappa
o a Elvis Costello o a Martin Mull)

 

Si, effettivamente, spiegare la musica usando le parole è piuttosto complicato e spesso totalmente inutile e fuorviante, specie quando a farlo sono proprio i musicisti.

Enzo Campi, una poesia inedita, “Andirivieni”, nota di Ranieri Teti

Il paradigma drammatico, l’accumulazione espansiva, l’inserto, la ridondanza, il controcanto, il piacere, anche visivo, offerto dagli scarti di ritmo tra poesia e prosa poetica, gli innesti, l’horror vacui, le sequenze, l’andamento esaustivo e mutante, il discorso poetante quando si trasforma in storia, le domande irridenti e sospese, le assonanze interne ai versi, l’assenza lirica, il mistilinguismo, un’idea centrale che genera la gravità che contiene tutto il corpo del poema, e altri, moltissimi altri sono gli elementi che strutturano il testo la

Un partigiano leopardiano di Ambra Simeone

sto resistendo a questa cosa che consiste nel mettersi l’orologio al polso sbagliato, visto che il destro non è quello dove si dovrebbe mettere di solito, invece dovrebbe essere il sinistro, a intonarsi con l’eventuale fede e/o anello di fidanzamento, che si tratti di una donna oppure di un uomo, la regola non cambia, rimane quella, così più che trasgredire mi sono imposto di resistere, perché più che di una regola si tratta di un modo di fare, di vestirsi, di farsi vedere, di farsi uguale a chi l’orologio proprio deve portarlo su

Nota biografica

Ambra Simeone è nata a Gaeta (LT) il 28-12-1982 e attualmente vive a Brugherio (MB) dove lavora. Laureata in Lettere Moderne, ha conseguito la specializzazione in Filologia Moderna con il linguista Giuseppe Antonelli e una tesi sul poeta Stefano Dal Bianco. La sua prima raccolta di poesie “Lingue Cattive” esce a gennaio del 2010 per Giulio Perrone Editore (Roma). Del 2013 è la raccolta di racconti “Come John Fante... prima di addormentarmideComporre Edizioni.

Ambra Simeone, una prosa inedita, “Un partigiano leopardiano”, nota di Flavio Ermini

Ambra Simeone ci parla di un “uomo del sottosuolo”. Ci parla di un Altro, di una persona che non vuole omologarsi. Una persona che non chiede di essere accolta dalla comunità, perché non vuole condividerne il conformismo.

Stare fuori dalla società comporta dolore e sofferenza, sì, ma consente anche di mantenere la propria identità.

Roberto Valentini, dalla raccolta inedita “Vangelo meneghino”, nota di Laura Caccia

Cosa si sente

Quale buona novella ci narra Roberto Valentini con la descrizione, in “Vangelo meneghino”, di una città naufraga e randagia, con la sua umanità dolente e smarrita?

Milano è raccontata attraverso dodici quadri in cui si intrecciano crepe di ombre sotto i portici, cieli sfatti e stanchi, acque sepolte e canali, selciati e luoghi urbani, in un affresco che predilige i toni della sofferenza, ma che lascia anche trapelare squarci di luminosità.

Patrizia Dughero, da “Canto del sale”, qudulibri 2016, nota di Davide Campi

Possiamo definire “Il canto del sale” di Patrizia Dughero come “poesia della terra”.

In questo “canto del sale”, infatti, si scorge tutto lo spessore di una cultura contadina complessa, articolata e antica.

È una narrazione a volte dura, di tagliente precisione. In essa i luoghi determinano gli avvenimenti, e i famigliari diventano gli eroi di un’epica privata.

La cesura dei versi riproduce in tanti casi un respiro rotto dal pianto.

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