Marzo 2011, anno VIII, numero 14

Mario Fresa, inediti da “Aura”, con una nota di Giorgio Bonacini

La scrittura che si costituisce in poesia vive una duplice natura: può essere sfuggente e in costante disequilibrio e, nello stesso tempo, è concretezza che diventa, in modo indissolubile, ciò che dice nel modo in cui lo dice. In questo senso, il testo diventa una cosa. La poesia, allora, non è più solo se stessa in parola, ma si trasforma in un oggetto in cui non è possibile distinguere (se non si vuole svilire la sua significatività) la materia che la dice - la lingua -, dalla sostanza detta - l’opera -.

Enzo Campi, poesia inedita “Per disunite latenze”, con una nota di Marco Furia

Unibili latenze

Con "Disunite latenze", Enzo Campi presenta un articolato componimento che, con raffinatezza, coglie appieno l'enigma dell'umano esprimersi.

Riuscire

"a urlare il senso dell'attesa"

sembra, più che un traguardo da raggiungere, un desiderio insoddisfatto.

Il ripetitivo linguaggio quotidiano e l'immediato urlo entrambi falliscono?

Cristina Annino, da “Magnificat. Poesie 1969-2009”, Puntoacapo 2009, con una nota di Rosa Pierno

Non è in una trentina di righe che si può parlare di un libro che raccoglie 40 anni di poesie, qual è l’antologia di Cristina Annino “Magnificat. Poesie 1969-2009” e, dunque, va da sé che soltanto si può riportare qualche nota che abbia più fortemente colpito durante la lettura: anzitutto la registrazione di un’intelligenza tanto lucida quanto sarcastica, ironica quel tanto che serva a puntualizzare che la responsabilità è di come stanno le cose, delle persone che si sono incontrate e si sono amate.

Alessandro Ghignoli, da”Amarore”, Kolibris 2009, con una nota di Rosa Pierno

Non chiusa la costruzione frasistica, le proposizioni restano in sospeso, aggettanti, sporte nel vuoto creato dal mancamento non solo della volizione, ma della stessa possibilità di costruire definizioni, mentre realtà di conseguenza resta altrettanto drammaticamente sfilacciata. E’ naturale che una simile forma utilizzi costrutti ipotetici, gerundi, ripescaggi lessicologici, tempi verbali genericamente non accordati al soggetto, i quali solo stratificandosi costituiscono la pur solida base d’appoggio con cui affacciarsi nel baratro.

Marco Ercolani, prose inedite “Turno di guardia”, con una premessa di Mara Cini

Le prose di Ercolani affermano, in piena consapevolezza che èla forma di ogni opera, dispiegata attraverso il suo specifico linguaggio (segno, immagine, suono…), ad essere significativa – non certo, non del tutto, le eventuali, descritte, “emozioni” che pure fanno da trama, come si conviene, alle pagine.

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