Paul Celan

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Da Anterem 72, „Hairesis“

Paul Celan

Traduzione di Luigi Reitani
Salmo

Nessuno ci impasta di nuovo da terra e da fango,
nessuno dà parola alla nostra polvere.
Nessuno.

Tu sia lodato, Nessuno.
Per amor tuo vogliamo
fiorire.
A Te
in-contro.

Un Nulla
eravamo, siamo, ancora
resteremo, fiorendo:
del Nulla la rosa
di Nessuno.

Con
lo stilo d’animo chiaro,
il filamento di un cielo desolato,
la corona rossa
della parola di porpora, che cantammo
sopra, oh quanto sopra
la spina.

Tenebrae

Siamo vicini, Signore,
vicini e afferrabili. 

Già afferrati, Signore,
gli uni agli altri abbrancati, come fosse
il corpo di ciascuno di noi
il tuo corpo, Signore.

Prega, Signore,
pregaci,
siamo vicini.

Andavamo sghembi laggiù,
andavamo laggiù per curvarci
su conca e cratere.

Andavamo all’abbeveratoio, Signore.

Era sangue, era
ciò che hai versato, Signore.

Splendeva.

Ci scagliò  la tua immagine negli occhi, Signore.
Occhi e bocca restano aperti e vuoti, Signore.
Abbiamo bevuto, Signore.
Il sangue e l’immagine che era nel sangue, Signore.

Prega, Signore,
siamo vicini.

Era terra in loro, e
scavavano.

Scavavano e scavavano, così passava
il loro giorno, la loro notte. E Dio non lodavano,
che, così udirono, tutto questo voleva,
che, così udirono, tutto questo sapeva.

Scavavano e più nulla udirono;
non divennero saggi, non crearono un canto,
non inventarono nessun linguaggio.
Scavavano.

Giunse una quiete, giunse anche una tempesta,
giunsero tutti i mari.
Io scavo, tu scavi e scava anche il verme,
e ciò che lì canta dice: essi scavano.

Uno, non uno, nessuno, tu:
dove si andava, se in nessun luogo si andava?
Tu scavi e io scavo e io a te mi scavo,
e al nostro dito si risveglia l’anello.