Ranieri Teti

Vividi enigmi

Ad una biologia del dire allude, con sapiente determinazione, “OM AFILOSOFIA AFILOSOFISM” di Martino Oberto, il cui “spensiero” risulta rivolto verso origini vissute quali immanenti all’ attualità della pronuncia, le opere presentate testimoniando di gesti tali da sottoporre ad indagine la stessa facoltà di nozione.

Agli autoritarismi d’ inadeguati canoni si ribella, coerente, lungi da ogni ordinario circuito, l’ articolato, suggestivo, lavoro di un artista che, insoddisfatto di schemi in uso comune, consapevole dell’ impossibilità di rappresentare l’ ineffabile, decide di fondare, nonché di costruire, peculiari idiomi nel cui àmbito presenze magmatiche, non prive di richiami a (destabilizzate) consuetudini, conferiscono corpo e, assieme, lucidità ad istanze espressive irriducibili.

Davide Campi, la parola e il suono

La sera del 14 Ottobre, nell’Auditorium del Conservatorio di Riva del Garda, era di scena la musica nel suo rapporto antico, privilegiato e non occasionale con la parola.
E quindi la valenza sonora del testo poetico nella teatralità estesa della pronuncia orale e il suo rapporto con l’evocazione assoluta del suono originale, articolato e frammentario della composizione contemporanea.

Un concerto e un evento organizzato dallo stesso Conservatorio in collaborazione con la rivista Anterem.

I testi di riferimento erano quelli dei vincitori dell’ultima edizione del Premio Montano,  di Flavio Ermini e Ranieri Teti della redazione di Anterem e di Andrea Zanzotto.

I poeti di “Percorsi del dire†2006

Silvia Accorrà, Valentina Albi, Francesco Arleo, Gladys Basagoitia Dazza, Armando Bertollo, Melania Bortolotto, Brunella Bruschi, Davide Antonino Burgio, Simone Cangelosi, Luigi Cannillo, Roberto Capuzzo, Roberto Castelli, Nadia Cavalera, Maria Grazia Chinato, Gianfranco Coci, Roberto Cogo, Silvia Comoglio, Erminia Daeder, Alessandro De Francesco, Luca Del Punta, Pasquale Della Ragione, Adele Desideri, Vincenzo Di Oronzo, Luca Dorizzi, Giusi Drago, Roberto Fabris, Francesca Farina, Roberto Fassina, Gian Carlo Ferraris, Daniela Fini, Alfio Fiorentino, Miro Gabriele, Maria Grazia Galatà, Andrea Gigli, Piera Giordano, Rosalba Granuzzo, Elisabeth Jankovski, Renato Job, Sergio La Chiusa, Michele Lalla, Maria Lanciotti, Nicola Licciardello, Anna Laura Longo, Cristina Lorenzutti, Alberto Mari, Riccardo Martelli, Laura Mautone, Emidio Montini, Ornella Mori, Luigi Nacci, Josephine Pace, Maria Rosa Pantè, Paola Parolin, Jean-Claude Pelli, Anna Maria Pes, Daniela Piazza, Renzo Piccoli, Fabio Ricci, Margherita Rimi, Luca Rizzatello, Natalia Rizzi, Stefania Roncari, Enea Roversi, Serena Savini, Silvana Savio, Elena Scoti, Domenico Settevendemie, Gladys Sica, Lucy Simonato, Abdelmalek Smari, Pietro Spataro, Eva Taylor, Liliana Tedeschi, Alberto Teodori, Marzia Tòdero, Iole Toini, Liliana Ugolini, Adam Vaccaro, Pietro Vian, Marco Zamana, Maria Grazia Zamparini, Silvia Zoico.

Tu vas où? Tu dove vai?

Tu vas où? Tu dove vai? (diptyque vidéo) è stato presentato quest’estate alla XII Rassegna internazionale del San Giò Festival diretto da Ugo Brusaporco.

Questo video di Patricia Dubien è la metafora del viaggio che ciascuno di noi compie nella vita, che è il continuo ripetersi di viaggi senza approdi definitivi, o un viaggio unico di percorsi diversi verso un’unica meta che ci è negata dalla natura stessa delle cose, che vivono di imprecisione e vibrano di quel margine di errore che la nostra ansia di ordine vorrebbe azzerare o colmare in una formula di comprensione unica e universale.

Prima Linea

 

Prima Linea, una struttura oggettuale di Renato Job, è un corto del 1969.

Anche in quest’opera, come nel dittico di Patricia Dubien, il viaggio è rappresentazione della vita. Qui assistiamo a una rappresentazione puntuale, documentata con profonda curiosità intellettuale che incrocia grande sensibilità e cultura visiva.

Il linguaggio di Job corre avanti anticipando i ritmi del sonoro con tagli repentini o sfumature che si dissolvono nel tema dell’incontro, nell’intreccio delle musiche, nelle anaologie di vite diverse, riconducibili a civiltà diverse che si sovrappongono fra occidente e oriente. Com’era nel Giappone degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, ma non solo.

Flavio Ermini

Le poetiche di Anterem

Estratto dell’intervento di Flavio Ermini alla Biennale di poesia 2006

Iniziamo citando quattro versi posti in esergo al numero 72 di “Anterem”, dedicato al tema: hairesis.

E sotto il cielo fugace del purgatorio

Noi dimentichiamo spesso che

La custodia celeste e gioiosa
È la casa terrena che si distende.

Sono quattro versi di Mandel’stam.

Che cosa ci indicano?
Che la volta celeste non rimanda più a un al di là… come se fuori dal mondo si nascondesse qualcosa in attesa…. Segnalano che la volta celeste è un’estensione della terra.
 
Ma allora cosa accade quando il qui (la casa terrena) non cerca un oltre, un fondamento al di là del mondo? Cosa accade quando il qui cerca la verità di questo nostro mondo?

Paul Celan

Da Anterem 72, „Hairesis“

Paul Celan

Traduzione di Luigi Reitani
Salmo

Nessuno ci impasta di nuovo da terra e da fango,
nessuno dà parola alla nostra polvere.
Nessuno.

Tu sia lodato, Nessuno.
Per amor tuo vogliamo
fiorire.
A Te
in-contro.

Un Nulla
eravamo, siamo, ancora
resteremo, fiorendo:
del Nulla la rosa
di Nessuno.

Con
lo stilo d’animo chiaro,
il filamento di un cielo desolato,
la corona rossa
della parola di porpora, che cantammo
sopra, oh quanto sopra
la spina.

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