Invece
La piazza è il luogo di nascita della democrazia, che per sua natura è partecipativa. In questo caso la partecipazione è data dal numero attivo. La democrazia rappresentativa è la forma politica mediata che subentra al numero attivo quando il sistema di rappresentanza provvede a trasformare la partecipazione popolare diretta in numero passivo e avoca a sé ogni legittimità.
Invece qui stoppati dalla nebbia non si scorge nemmeno l’ombra d’una guida o d’un passante caritatevole che ci soccorra indicando come da programma il percorso, il fiume infido per mulinelli d’inganni fa la sua parte siamo noi che incerti al bivio invano invochiamo misericordia di cartelli con località e distanze, per cui la strada da prendere ci appare ignota e oscura, e dubbioso il cammino disabituati da sempre ai rischi, alle rotte senza mappe, agli intralci imprevisti, né altro è dato all’insicuro passo che un viatico di inciampi e di sconcerti al tramonto inciso sui nostri volti d’ovatta, miserevoli ostaggi del sospetto che la strada possa avere una fine senza fine, un alt quando meno te l’aspetti. da Occasioni per tutti i gusti Senza titolo L’incellofanata vanagloria del dettato che il dettaglio agghinda a esclusivo beneficio degli addetti, quasi fosse il così-è del mondo, macerie comprese e il resto, tutto, viene in seguito come segugio dietro i passi del padrone come simmetria di rapporti causa-effetto come se la linea di volo fosse a priori circoscritta come singolo fattore quando l’insieme è dato come enigma di tramonti intrisi di macaia come questi versi a surrogato del vento. Si dice comunemente che la letteratura non cambia il mondo, e, in senso materiale, forse è vero, ma con la scrittura poetica c’è una possibilità in più, se si vuole, di considerare le violenze, le iniquità, le ipocrisie, le volgarità del luogo e del tempo in cui viviamo, sgretolandone in senso ideale i presupposti. Perché in poesia l’oggetto materiale esistente viene interiorizzato e ridefinito in forme e sostanze diverse, che possono non solo dire, ma forse fare (o far fare) qualcosa. Ciò non significa che la presa sul reale da parte della poesia sia dirompente, e di questo Bugliani è ben consapevole in quanto, come egli dichiara, “la vita nella sua contingenza quotidiana non ha giurisdizione nel verso che è, quando va bene, verità mediata.” Questo però non impedisce al poeta, quando decide di accettare la sfida con un pensiero che si opponga a una realtà obbligata e menzognera, di tentare l’opera usando una scrittura come uno strumento di antagonismo. E queste poesie sono un lucido esempio di partecipazione e contrapposizione etica a certo deleterio uso del mondo e anche di certa poesia, secondo l’autore, chiusa a contemplare se stessa. Infatti in questi testi, oltre a una voce di indignazione e di invettiva contro tutti coloro la cui ideologia dominante è fonte di sofferenza per coloro che il potere reprime e deprime, c’è un occhio di critica particolare per certa poesia lirica che tanto ha avuto e ha corso. E per questo Bugliani cita Rimbaud, per il suo smarcamento dall’io (Je est un autre) e Hölderlin a proposito dell’ impoetico che diviene poetico. Infatti nei testi di questa raccolta, l’andamento del discorso contiene sempre in sé una riflessione sul referente esterno e l’autoriflessione che la scrittura opera sul suo programma significativo e formale. E in quest’opera la dichiarazione di poetica è altamente esplicita e diffusa: la poesia deve stringere d’assedio la realtà, interpretandola non con languida, seppur bella e significante, fonìa, ma come se lavorasse nell’officina dell’essere e del mondo con precisa e personale idea e ferma volontà di cambiamento. Chi fa poesia deve rilevare l’impoetico e usarlo, anche con un po’ di ironia, ma con sguardo sempre attento, “nell’attesa che il testo faccia il gioco” e non viceversa, a far sì che il poeta (uomo immerso senza distacco alcuno in questa realtà corrotta), sia lui a proporre e a dire, e non a subire il propositivo e il detto potendo solo una reazione indotta.