RicercaPremio MontanoSostieni la poesia Indica il Tutti i tag di Anteremtags in Biennale Anteremanno 2014: Di un altro dire
anno 2004: Officina della percezione 1
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Il nuovo libro di Flavio ErminiNovitĂ editorialiSono stati pubblicati da QuiEdit gli Atti della giornata di studio dedicata dalla Biblioteca Civica di Verona e da Anterem a “Lorenzo Montano e il Novecento Europeo. Gli interventi qui riuniti sono di Giorgio Barberi Squarotti, Flavio Ermini, Gio Ferri, Claudio Gallo, Maria Pia Pagani, Tiziano Salari. Curatore degli Atti è Agostino Contò, a cui si deve l’introduzione al volume. Viaggio attraverso la gioventĂą di Lorenzo MontanoViaggio attraverso la gioventù di Lorenzo Montano viene edito per la prima volta da Mondadori (1923). Successivamente l’opera sarà pubblicata da Rizzoli nella collezione B.U.R. (1959), con un saggio di Aldo Camerino (1901-66). Tale saggio viene riproposto in questa terza edizione, che si presenta arricchita da una biografia e una bibliografia aggiornate, a cura di Claudio Gallo, oltre che da una riflessione interpretativa di Flavio Ermini. Premio speciale della giuria Lorenzo MontanoNell’ambito del Premio Lorenzo Montano XXVIII edizione il Premio Speciale della Giuria "Opere Scelte - Regione Veneto" è stato attribuito dalla Giuria del Premio a Luigi Reitani La poesia del pensieroIntervista con Flavio Ermini a cura di Antonio Ria Flavio Ermini è stato intervistato da Antonio Ria il 15 gennaio 2013 negli studi di Milano della RSI / Radiotelevisione svizzera – Rete 2. Nuclei centrali dell’intervista sono stati: il suo ultimo libro Il secondo bene (Moretti&Vitali, 2012) e la poetica della rivista “Anterem”. Contenuti piĂą vistiChi è on-lineCi sono attualmente 0 utenti e 1 visitatore collegati.
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Paolo Donini Note sull’installazione Land under the seaBiennale Anterem 2008 “Dire la vita” Paolo Donini Note sull’installazione Land under the sea di Angelo Urbani e Armando Bertollo con musiche di Sergio Zanone (l’installazione viene realizzata nella biblioteca civica di Verona: in alto bandierine augurali, al vetro l’esagramma n. 13 ovvero la Compagnia tra gli uomini, a lato i pali appoggiati precariamente recano tracce, il video rimanda a un esterno marino, la musica reca suoni naturali…) Primo intervento Inizialità dell’arte. La presenza umile e benaugurante delle bandiere allude al carattere inaugurale del segno: in quanto segna, il segno avvia quindi inaugura e augura. L’arte è iniziale in quanto luogo dell’inizio costante ed è iniziale il testo in quanto inizia al mondo o, se dir si voglia, inizia il mondo. L’installazione per suo proprio statuto acconsente allo spostamento dell’opera e la ri-situa. L’opera situata nel suo oggetto o nel suo corpo viene spostata nell’ambiente. Questo scivolamento è nuovamente iniziale: inizia il mondo in quanto l’ambiente viene “segnato”. Il segno che segna l’ambiente lo traduce in habitat. Questa traduzione trasforma l’osservatore dell’opera in suo abitante. È già progetto abitativo. Abitare l’arte, fare abitare l’arte. La presenza dei segni:
i segni hanno modificato questo luogo che già di per sé non è un luogo vuoto, non è bianco. Questo luogo è accampato temporaneamente dall’installazione che ne ha previsto lo slittamento semantico e il riuso sensibile. L’installazione, l’in-stallo. L’essere in–stallo temporaneo del segno in un luogo non deputato: un luogo della letteratura viene condiviso dall’arte. L’installazione è qui incursione che si posa in-stallo temporaneo e produce un sobbalzo semantico del luogo, poi domani lo abbandonerà. Il luogo che sostiene l’installazione non è sostrato puro, non è bianco, contiene e conserva storia e funzione, quindi l’in-stallo del segno in esso si configura come dialogo. L’arte si accampa nella biblioteca. L’installazione dialoga nel luogo della letteratura e lo sovverte, poi domani lo abbandonerà, ma prima lo ha rilanciato in un progetto di condivisione. L’installazione è nomade ma si accampa in luogo, in situ come si suol dire: il luogo installato si fa logos iniziale, inaugurato dai segni. I pali sono qui appoggiati e precari. L’essere qui appoggiati dei pali che recano tracce è l’essere nomade dell’in-stallo: la capanna, la iurta dei segni. Le tracce sui pali, impresse da umili strumenti, da ruote, carriole hanno portato qui la pratica di linguaggi trovati: la traccia è tale se viene trovata. La traccia augura perché laddove trovata è riconosciuta, quindi saluta. La traccia riconosciuta saluta. Il saluto della traccia trovata è iniziale perché indica l’andare del segno, il possibile senso del mondo. La traccia trovata nel paesaggio è poi siglata dall’esagramma che annuncia la compagnia degli uomini, il loro essere insieme nel senso. Da qui noi abitanti in-stallo temporaneo, insieme tra i segni, abbiamo una finestra nel video marino dove vediamo soltanto acqua e luce confusa La musica echeggia i suoni trovati come orme e li include nella testualità musicale. Le orme vanno nella partitura abitata. Qualcuno lontano fa qualcosa che da qui noi non capiamo, udiamo i suoni d’acqua e di luce, abbiamo udito la musica che ha quei suoni naturali tra sé come intertestuali. lI video racconta a noi abitanti nello stallo dei segni che siamo qui eppure lontani. Siamo lontani da quel mare, da quell’acqua e luce, siamo lontani da un mite lavoro che da qui noi non capiamo. Eppure da quel varco il segno-video è giunto fin qui nel suo interprete, il segno siede tra noi, forse lo abbiamo riconosciuto in quanto segno-segnato, il segno che ospita è divenuto ospite con noi. L’in-stallo acconsente a un temporaneo abitare nella capanna dei segni, nell’inizio della traccia trovata ma ravvisa un là fuori. L’in-stallo sta, nomade e provvisorio, verso un là fuori: che è l’oltre, l’oltraggio. Secondo intervento Utopia della scrittura La presenza scalfita della parola nel bianco prima ancora che letta è avvistata: in quanto segna, il segno è innanzi tutto visibile. La scrittura è iniziale in quanto luogo avvistato dall’occhio. L’occhio coglie il segno nel bianco, scorge la pagina come interezza, campo e aratura. La scrittura appare in figura. Aprire il libro è farsi al balcone dei segni a vedere la pagina panoramica. La scrittura contiene sempre entro ciò che le è proprio, un progetto di calligramma che sia palese o implicato. Il proprio della parola è il senso nel suono, della parola scritta è il senso nel suono visibili. La scrittura che si fa visiva all’intervento del segno che la mappa e la situa rivela una trama già inclusa nel proprio della parola. Questo disvelamento è nuovamente iniziale: nel libro inizia il mondo in quanto lo “segna” in mappa avvistando nella pagina la testura e il suo paesaggio. Nella pagina, in filigrana, ecco apparire il paesaggio. È il paesello vocativo: o paesaggio, tra cui il viandante ambula e scompare. Innanzi al paesaggio della scrittura che si è fatta visiva dacché ha esplicitato in mappa il suo essere in vista, scorta, avvistata, il lettore è invitato a farsi abitante e viandante. Qui si esce a salire la linea fino a leggere un nome o si scende dall’altra parte a leggerne un altro. L’occhio cha sale sull’erta o discende per queste chine, rettilinee figure, geometria di zone, e incontra una parola poi l’altra unite/disgiunte da segni che tracciano pezzature trame, aste, baratri, l’occhio è viandante nel nuovo paesaggio. Fare abitare la scrittura. L’abitata scrittura. La visibilità dei segni: lettere, parole linee figure il bianco il nero i segni hanno modificato il luogo bianco, vi hanno portato l’inizialità inaugurale della parola e insieme la traccia del suo panorama. La scrittura che si è fatta visiva è mappatura, catasto e ispezione paesistica. Sopralluogo, in quanto luogo sopra posto e super luogo inclusivo. Questo scrittura scrive e di-segna lo stare della scrittura innanzi e nel paesaggio. Rileva e alleva il paesaggio nel noto e nel nuovo. Questa scrittura è di fronte e affronta il paesaggio. Affrontare il paesaggio è esserne affrontati. Lo stare della scrittura nel paesaggio (come lo stallo dei segni in ambiente) è proposta: dialogo ecologico in quanto eco di logos. Lo stare della scrittura nel suo farsi mappa è perlustrazione e ritrovamento di tracce. Ritrovare le tracce, calcarle, esplicita la configurazione del paesaggio in quanto luogo umano, per un nuovo umanesimo del paesaggio. Il luogo fattosi umano contiene nella traccia antropomorfa l’utopia umanistica. Il paesaggio ha segni parlanti, linguaggio di tracce riconosciute in saluti. Il fine del segno che si è inoltrato nel bianco lasciando e trovando la traccia è la Natura/Cultura. Ma lo stallo del segno nel bianco è trauma di un secondo e ultimo avvistamento. Ecco. Il segno che mappa il paesaggio ne scorge oltre la linea l’oltraggio. La zanzottiana oltranza-olttraggio, il zanzottiano “ti fai più in là”.
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