Flavio Ermini, Ranieri Teti, Mario Varini

Ultima pagina: Autori presenti in “Carte nel vento”

 

 

Sebastiano Aglieco, Nadia Agustoni, Alessio Alessandrini, Pietro Altieri, Viola Amarelli, Angelo Andreotti, Marcello Angioni, Cristina Annino, Gian Maria Annovi, Lucianna Argentino, Davide Argnani, Giuseppe Armani, Alessandro Assiri, Daniela Attanasio, Dino Azzalin

 

Francesco Vasarri, dalla raccolta inedita “Rerum Creatarum Pavanae”, nota di Giorgio Bonacini

Leggendo queste pagine la prima osservazione è quanto, in queste poesie, lingua e suono siano soggetto e oggetto, selezione e combinazione, paradigma e sintagma intrecciati in un unico significante che include la natura in un ritmo e il ritmo in natura. La parola poetica si carica di materia organica in osservazione concreta, quasi primordiale. Cantare larve bastevoli disfatte e arse può sembrare un azzardo sperimentale, ma è invece una necessità sostanziale che nasce dalle cose che ci sono e che nel loro movimento devono essere dette.

Alfredo Rienzi, una poesia inedita “Qui i verbi rinunciano, i presagi non dicono”, nota di Ranieri Teti

Cosa resta, quando anche i verbi rinunciano e i presagi non dicono?

Per fortuna rimane una figura, vigile anche se colta in un passo simile a uno smarrimento, in un passo che affonda.

L’atto di resistenza poetica è memoria del sottosuolo, terra estrema, fertile per un seme o per un rizoma che si diffonderà.

Il valore della parola vive nella poesia, che registra, oltre le apparenze, il vero.

Daniela Pericone, da “Distratte le mani”, Coupd’idée, 2017, nota di Rosa Pierno

Strategie di avvicinamento sostenute da un’attrezzatura razionale, a tratti geometrica, non prive di lusinghieri inviti a una realtà che già si sa essere menzognera, vengono a tessere la trama poetica di Daniela Pericone. Ogni cosa viene localizzata, misurata, se ne coglie la distanza rispetto al sé, mentre ci si ripete la lista di precauzioni a cui attenersi per evitare spiacevoli conseguenze: “Non cedere a lusinghe / di paesaggi, / sciogliere nodi / è mestiere da penelopi / la tentazione è nelle forbici”.

Francesca Monnetti, una poesia inedita “(s)onde”, nota di Ranieri Teti

C’è una realtà che si disfa a poco a poco, verso dopo verso, senza riparo, nel poemetto di Francesca Monnetti.

Già il titolo anima una dissoluzione, in “sonde” si attenua la S, posta tra parentesi, lasciando le onde fluttuare nel vuoto. Come foglie che danzano “nel lessico del vento”. Come un corpo che diventa “carne in fuga”. Fino alla fine si perdono tracce, tutto si dissolve e allo stesso tempo si radica nel linguaggio che ben rappresenta la compostezza formale dell’autrice.

Vincenzo Mascolo, da “Q. e l’allodola”, Mursia, 2018, nota di Rosa Pierno

È la poesia, il soggetto dell’ultimo libro di Vincenzo Mascolo Q. e l’allodola, Mursia, 2018. Mascolo, tra versi e prosa poetica, delinea il campo assordante delle pretese e delle aspettative che rendono la contemporaneità una sorta di Moloch a cui sacrificare il proprio impulso o le proprie scelte poetiche. Il problema resta non il modo di versificare, ma il manifestarsi stesso della poesia.

Carmen Gallo, da “Appartamenti o stanze”, Edizioni D’if, 2016, nota di Rosa Pierno

Apparentemente una narrazione oggettiva, asettica, se non fosse per alcuni segnali che aprono squarci nella carena poetica. Azioni spesso compiute da personaggi silenziosi, che hanno il raggiungimento della staticità come scopo: i personaggi sono non in attesa, ma volontariamente isolati, ritagliano in realtà uno spazio impenetrabile intorno a loro. A volte, le azioni risultano paradossali: "donne si infilano lettere" una a una "nella bocca", sollevano il soffitto. Ma sempre c'è la misurazione della distanza tra i rispettivi vuoti.

Adelio Fusé, una prosa inedita “La parola è l’immagine che si stacca dalle cose”, nota di Mara Cini

La parola è l’immagine che si stacca dalle cose vere.

La parola è essa stessa una cosa, naturalmente. Il segno alfabetico, con la sua pelle di grafite, d’inchiostro, di pixel, ha una sua storia in ambito estetico. Tutte quelle modalità di lavoro sulla parola che si riappropriano del circuito mano-pensiero (o voce-pensiero) trovano le loro motivazioni nella consapevolezza che la parola è luogo privilegiato della produzione ideologica e simbolica ma consiste anche di autonomi valori visuali o fonetici.

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