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Alessandro De Francesco, La luce pomeridiana e altre poesie

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Alessandro De Francesco è nato a Pisa il 29 settembre 1981. Ha compiuto studi di filosofia, letteratura, musica e arti elettroniche a Pisa (dove si è laureato in Filosofia con una tesi su Mallarmé), Firenze, Siena, Parigi e Berlino. È attualmente dottorando in Letterature comparate al Centre d’Études Poétiques dell’École Normale Supérieure LSH di Lione. Ha pubblicato poesie e saggi critici su varie riviste, tra cui Caffè Michelangiolo, Atelier ed Écritures, ed è stato finalista al Premio di Poesia Lorenzo Montano 2006. Conduce inoltre un’intensa attività come performer, coniugando parola poetica, spazi installativi e suono digitale (o.m., Berlino 2005; :poesia:suono:spazio, Pisa 2005; sosta#1, Berlino 2006; sosta#3, Lipsia 2006; lo spostamento degli oggetti, Amsterdam 2007-08, in corso di realizzazione). Nel 2007 il suo primo volume di poesie sarà pubblicato presso Cierre Grafica (Verona).  

Così le cose della casa

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cosí le cose della casa

Prima stesura:

si raffigura gli amici in lontananza      sulla piattaforma
il vento    prima del treno giallo
sui contorni di figure umane ai lati del campo visivo

così gli oggetti della casa quando tutti sono usciti
restano nella luce obliqua

e accade di avvistare un frigo o una poltrona
nella finestra del palazzo di fronte
di ricordare quel quadro
in un corridoio del Pompidou
e [immaginarlo] pensarlo sussistente nella notte    senza occhi

tenta una ricomposizione delle voci
immaginandoseli mentre lo chiamano
ma non riesce a strapparli alla stasi

 

nel sonno nella stanza accecante
una donna che gli parla forse da dietro una parete

al dissiparsi della luce
i contorni di uno stereo sul pavimento trasparente

il giorno dopo, il giorno stesso    sulla distesa di neve
relitti di pianoforti usati come porte                
costeggia un accampamento nomade
la torre della televisione [lampeggia / segnala / in lontananza]invia segnali a distanza
accanto alla sinagoga dorata

salendo      una testa di donna contro la finestra
sul pianerottolo deserto
si volta di scatto ma non può accettarne lo sguardo

è costretto al risveglio esce a Tiergarten

[mentre cammina guarda i rami
ed è la solita vertigine      quando si mostra negli oggetti
ma da quell’esatto momento
torna a poco a poco a sembrarci inverosimile
[le parole ci sono distanti / le parole sono opache]
anche le cose
restando di nuovo
senza dire niente]
mentre cammina guarda i rami
ed è la solita vertigine      quando si mostra negli oggetti
e un istante dopo     ci appare di nuovo inversosimile
restiamo senza dire niente     
continua questa inspiegabile assenza di dati su tutto
le cose tacciono a poco a poco
[siamo tutti diretti verso la pompa di metallo rosa
un varco tra gli arbusti innevati
per seguire il tubo fino all’acqua
gli oblò della costruzione annessa
apparendo sempre più a ridosso delle nuvole]
dietro gli arbusti innevati
gli si impone la pompa di metallo rosa
percorre il tubo fino all’acqua
il cubo della costruzione annessa
appare sempre più a ridosso delle nuvole

[2004-05]

Seconda stesura:

cosí gli oggetti della casa       quando tutti sono usciti
restano nella luce obliqua

e accade di avvistare un frigo o una poltrona
nella finestra del palazzo di fronte
di ricordare quel quadro
in un corridoio del pompidou
e pensarlo sussistente nella notte       senza occhi

 

salendo le scale
una testa femminile verso la finestra                  sul pianerottolo deserto    
si volta di scatto non può accettarne il volto
è costretto al risveglio esce a tiergarten

 

mentre cammina guarda i rami

ed è la solita vertigine         quando si mostra negli oggetti
ma subito ci appare [ancora] inverosimile
restiamo senza dire niente     
continua questa inspiegabile assenza di dati su tutto
le cose tacciono poco a poco

[2006]

 

Versione definitiva:

cosí le cose della casa       quando tutti sono usciti
restano nella luce obliqua

e accade di avvistare un frigo o una poltrona
nella finestra del palazzo di fronte
di ricordare quel quadro
in un corridoio del pompidou
e pensarlo sussistente nella notte       senza occhi

 

salendo le scale
una testa femminile verso la finestra                  sul pianerottolo deserto    
si volta di scatto non può accettarne il volto
è costretto al risveglio esce a tiergarten

 

mentre cammina guarda i rami

ed è la solita vertigine         quando si mostra negli oggetti
ma subito ci appare inverosimile
restiamo senza dire niente     
continua questa inspiegabile assenza di dati su tutto
le cose tacciono poco a poco

[2006]

La luce pomeridiana

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la luce pomeridiana [inedito]

 

Prima stesura:

Monotonia

 

Strani ninnoli appesi ai muri dondolano senza vento

 

La luce pomeridiana filtra dalle tapparelle semichiuse

 

 

Appoggiata al bordo del letto
punta a terra le gambe [lucenti di lacca]laccate lucenti

gli occhi di resina
fissano nell'aria
porzioni di nulla

 

 

«daivieni…»
«no…non voglio - »
(nascosta dalla bocca rigida
la sua voce è il silicio appostato dietro l'interfaccia)

 

lui le va sopra lei
scuote la testa ritmicamente

ma non si può muovere,
[l'oscillante tra la carne e gli elettrodi / l'oscillante] dentro l’elettrico.

[1999]

 

 

 

 

Seconda stesura:

Oscillazione

 

Strani ninnoli appesi ai muri dondolano senza vento

 

La luce pomeridiana filtra dalle tapparelle semichiuse

 

 

Appoggiata al bordo del letto
punta a terra le gambe lucenti di lacca

«daivieni…»
«no…non voglio - »
(nascosta dalla bocca rigida
la voce è il silicio appostato dietro l'interfaccia)

le va sopra
lei
scuote la testa ritmicamente
 

 

gli occhi di resina
fissano nell'aria
porzioni di nulla

[2004]

 

Terza stesura:

la luce pomeridiana       filtra dalle tapparelle semichiuse

occhi di resina          fissano nell'aria
porzioni di nulla

[2006]

 

Versione attuale:

la luce pomeridiana       filtra dalle tapparelle semichiuse

occhi di resina               fissano nell'aria
porzioni di vuoto

[2006]

Talvolta i volti e in questi spazi minimi

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talvolta i volti e in questi spazi minimi
[due testi generati da un unico testo di partenza]

Prima stesura (unico testo di partenza):

talvolta nei volti della gente
incrociata per la strada
la vita appare tratteggiata
in forma piú coerente        perché c’è solo la sostanza
di una storia immaginata
diversa dalla nostra      che è incollata invece a noi
e di continuo la si sente

cosí loro per noi non vengono feriti
da tutte queste intercapedini
da questi spazi minimi dove si trova il gesto
che fa crollare      il vuoto quotidiano
che per un attimo    dopo il caffè
fa dubitare di poter tornare indietro
nel luogo in cui qualcosa sembrava respirare
            e sanguinare nell’erba

mentre loro in quel volto hanno l’undo
per rigenerare il presente        come quando da bambini
distesi sul sedile posteriore
tenevamo gli occhi chiusi a lungo
ed alla riapertura la testa della mamma
i sedili di plastica sintetica     le portiere
tutto ci sembrava azzurrato

è cosí che i volti virtuali della gente
fanno apparire gli altri immuni    non tanto dal dolore
quanto da tutti gli intimi interstizi
che riportano la nostra vita       ad una giornaliera appartenenza

[2006]

in questi spazi minimi (stesura unica e definitiva):

in questi spazi minimi dove si trova il gesto
che fa crollare         il vuoto quotidiano
che per un attimo    dopo il caffè
dà la certezza di non poter tornare
nel luogo in cui qualcosa respirava
e sanguinava nell’erba

[2006]
talvolta i volti (prima stesura):

talvolta sembra che i volti della gente
appartengano ad un’altra dimensione
ad una storia virtuale      dove la funzione undo            
rigenera il tempo presente

la loro vita esterna sembra quella     
di un gruppo d’alberi
[esistente soltanto tra i vetri di una finestra] che esiste solo dentro una finestra

[2006]

 talvolta i volti (seconda stesura):

talvolta i volti della gente
appartengono ad un’altra dimensione
[ad una storia virtuale      dove la funzione undo]
una storia virtuale dove la funzione undo          
rigenera il presente

la loro vita esterna sembra quella     
di un gruppo d’alberi
che esiste solo dentro una finestra

[2006]

 talvolta i volti (versione definitiva):

talvolta i volti della gente
appartengono ad un’altra dimensione

una storia virtuale dove la funzione undo          
rigenera il presente

la loro vita esterna sembra quella     
di un gruppo d’alberi
che esiste solo dentro una finestra

[2006]

  • Ranieri Teti
  • Maggio 2007, anno IV, numero 7

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