Come eco in una conchiglia
Poesia compagna dell’essere di Edoardo Penoncini non mette in versi richiami metafisici, come il titolo parrebbe annunciare. I testi sono impregnati piuttosto di riflessioni esistenziali, dove predomina un sentire meditativo e sofferto sul trascorrere impietoso del tempo e sul senso contemporaneo del vivere e del dire.
Sulla perdita di parole nella comunicazione odierna. Sul linguaggio della citazione in rete, dove “tutto si dà per letto e introitato”. Sul celarsi della poesia “fuggita dai caffè e dalle piazze / per andare chissà dove”. Sulla forza tuttavia del dire, degli antichi ritmi, della “sapienza / delle parole rotte e ricomposte; // parole/stirpe semenza/parole”.
E se il tempo è considerato dall’autore come l’amante che non ascolta più le “suppliche a rinegoziare / i termini ormai stantii della / relazione”, resta la possibilità di un esistere desiderante, benché sofferto, cercando di “assecondare voglie d’avventure / salire sempre per restare qui / con tutte le paure dell’abisso / e le distanze dai confini assenti”.
Un’eco densa di nostalgia abita i versi: mentre in superficie la navigazione scorre sospinta dalle burrasche dell’esistere, la poesia, compagna dell’essere con cui condivide l’unità originaria, resiste in sottofondo. Sui fondali dove ne custodisce il suono. Quel suono che attende un ascolto, racchiuso come l’eco del mare in una conchiglia.
A Virgilio Giotti
era un deserto la vita al confine
tra i dolori di un’etnìa negata
diseredata dentro nere bocche
che spegnevano luci intermittenti
a poco a poco di voci infiochite
appena passaporto letterario
la poesia con i suoi progetti
fuggita dai caffé e dalle piazze
per andare chissà dove a Padova
o a Parigi, con i bastimenti
dell’Adriatica alla Terra dei Padri
ancora bastimenti riportavano
nel Golfo dal Golfo di Botnia i sogni,
nuove baldorie al caffè Rossetti
mentre la Bora portava il suo gelo
dalle innevate campagne di Russia
e nuove bocche a straziare la terra.
L’ora di notte
Cosa faccio in quest’ora della notte
amico del silenzio appena rotto
dal lento incespicare della stilo
scompaginando ogni mia certezza?
E passerà, lo sento passerà
anche il rovello dei pensieri cupi
in fondo porto ancora la sapienza
delle parole rotte e ricomposte;
parole/stirpe semenza/parole
rinnovando ogni cosa ogni radice
l’insonnia di notte restituisce
la direzione e i sogni della vita.
Sulla “rete”
si vive il tempo del citazionismo
dono e magia che scioglie parole
di Rilke e Lorca e dello Zibaldone
in una rete di nuvole e stelle
tutto si dà per letto e introitato
anche di lingue bevute a bizzeffe
vale la pena tacere del resto
la millantata lettura si sa
non è reato in questo firmamento
dove la lingua perde le parole
Leggendo E. Dickinson
Dicono che muore appena detta
appena nata lungo una strada
davvero, non muore appena nata
e certe parole anche a non sentirle più
sono marcate a fuoco nei nostri occhi
nascosti dietro due fette di salame
ma il suono della fame batte
come sempre a mezzogiorno e sera
alla porta di chi non parla mai
e li accompagna sorella fino alla morte.
Edoardo Penoncini nasce a Copparo (Fe) il 20-12-1951, laureato in storia medievale presso l’Università degli studi di Bologna, è stato assegnista per quattro anni presso l’Istituto per la Storia di Bologna, redattore per tre anni della “Rivista di studi bizantini e slavi”, collaboratore per 25 anni della rivista “Scuola e didattica”, ha insegnato Lettere nella Scuola secondaria fino al 2011.
Suoi lavori di storia medievale e di didattica della storia sono apparsi su riviste e in volumi collettanei.
In versi ha pubblicato: L’argine dei silenzi, Este Edition, Ferrara 2010; Un anno senza pretese, Ibiskos-Ulivieri, Empoli 2012; La spesa del giorno, Ibiskos-Ulivieri, Empoli 2012; Qui non si arriva di passaggio. Ferrara,musa pentagona, Ibiskos-Ulivieri, Empoli 2012; Poesie scelte e dodiciinediti, Punto@capo, Pasturana (AL) 2013; Lungo è stato il giorno, Ibiskos-Ulivieri, Empoli 2012; Quell’aria, Ed. Giovane Holden, Viareggio (LU) 2015; Vicus felix et nunc infelix. La luce dell’ultima casa, Al.Ce., Ferrara 2015; L’occhio profondo, Al.Ce., Ferrara 2018; le raccolte dialettali Al fil źrudla (Il filo srotolato), Al.Ce., Ferrara 2015; in corso di stampa, Scartablàr int i casìt, Al.Ce., Ferrara 2015; Al paréa uŋ fógh adpàja.