Roberto Capuzzo pone con la sua poesia la questione teoretica del contenuto di verità della parola.
Pone la domanda circa la possibilità della parola poetica di essere evento veritativo, luogo del dis-velamento, del senso nascosto.
C’è un pensare che accade nel linguaggio e questo pensare si schiude solo a chi inizia a muoversi mimeticamente entrando con esso in sintonia.
Come se per scrivere poesia si dovesse prima danzare insieme alle parole.
Tanto da far pensare che l’essenziale – come suggeriscono le tavole di Carlo Guarienti – non vada cercato, bensì atteso.
Da qui nasce il nostro dovere di rendere accogliente la nostra casa poetica.
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Inspira, espira
esposta oltre il margine
ristabilizza l’equilibrio.
Per un solo attimo ha inseguito
la sagoma dentro il profondo,
quegl’istanti
sospendono il respiro.
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Violagiallo il colore
sgranato per punti
sulla costa.
Da lontano lo stesso luogo
è macchia, oltre ancora, volto.
Nascosto nella sabbia
hanno sguardo gli occhi
la mano sospesa
del corpo divenuto crosta.
Dello stare rovente fino al mare
la traccia è impercettibile.