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Il “Paradiso” tradotto in francese da Jean-Charles Vegliante. Con un sonetto inedito di Yves Bonnefoy ispirato dal "Purgatorio"

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Dopo “Inferno” (1996) e “Purgatorio” (1999), anche “Paradiso” è stato pubblicato in Francia (2007), sempre nella versione di Jean-Charles Vegliante. Qui viene presentato con un omaggio di Yves Bonnefoy: un sonetto inedito ispirato dal Purgatorio e tradotto da Fabio Scotto.

"Paradis" - traduzione della IV di copertina

Versione stampabilePDF versionUna pallida luna, dove  - in modo provvisorio - appaiono le prime anime beate, secondo una sembianza nostra riflessa in acqua limpida, ci accoglie e familiarizza con la terza cantica del Poema sacro : la più sorprendente a vari titoli. Siamo "là  've s'appunta ogne ubi e ogne quando" (XXIX, 12), un non-luogo ineffabile che il poeta viaggiatore ha nondimeno l'incarico di transmetterci, raffigurandolo sotto delle apparenze accessibili ai nostri sensi. Forse anzi a tutti i sensi, come cercasse già di "trovare una lingua" (Rimbaud), e sarà quella degli angeli. Cosicché acceleriamo con lui, trascinati dal riso sovrumano della sua Beatrice, filiamo dietro di loro nel vortice enorme della luce, attraverso gli otto cieli dei pianeti e delle stelle, foriamo il nono cielo cristallino (primo mobile) vertiginosamente mosso dai cori angelici, su fino alla specie di eccitamento cosmico della "candida rosa" visitata senza tregua dai messaggeri dell'Amore divino, colma nella pace immutabile della vera presenza degli eletti, fuori di ogni ingenua rappresentazione. Lontano dalla pochezza di un mondo "che ci fa feroci". In mezzo a quell'empireo di quieto avvampare, ove Beatrice con tutte le altre anime ha ripreso posto, una guida ultima, san Bernardo, condurrà per finire - non senza l'intercedere della Vergine regina - alla brevissima eppur interminata contemplazione di Dio.
Come per i due libri precedenti, la traduzione tenta di seguire quel continuo slancio attraverso lo spazio aperto e gli interstizi d'una lingua altra, anch'essa capace di stabile base e d'invenzioni inaudite, di variazione, di colori e ritmi regolati, di poesia per coloro i quali, leggendo, vorranno riceverne "l'onda / che si deriva perché vi s'immegli".
Il testo originario, rivisto dal traduttore sull'edizione critica del Petrocchi, è tra quelli al momento disponibili uno dei più affidabili.

Sonetto inedito di Yves Bonnefoy

Versione stampabilePDF versionFacesti come quei che va di notte...

Il secouait une sorte de torche 
Dont l’étrange lueur déconcertait 
Ces autres qui cherchaient derrière lui
À ne pas avoir peur, le long du gouffre.

Guide, pourquoi n’as-tu, sur ton propre corps,
Rien de cette lumière que tu offres?
N’as-tu aucun besoin de percevoir
Le vide qui se creuse sous tes pas?

Mais tel est le destin de l’allégorie:
Qui parle ne pourra ni ne doit savoir
D’où vient et où s’abîme sa parole.  

Son pied cherche le sol à même le vide,
Sa voix hésite et tourne dans ses mots,
Flamme de moins de rêve que sa cendre.

Copertina del libro "Paradis", Imprimerie nationale, 2007

Versione stampabilePDF versionCopertina del libro: paradis

Copertina del libro: paradis

Giovanni Raboni, frammento di recensione

Versione stampabilePDF version(dal “Corriere della Sera” del 13 ottobre ’96)

"Siamo agli antipodi della  traduzione-spiegazione, della traduzione-parafrasi, che scioglie i  nodi, i grumi, le oscurità delle figure e delle immagini come se le  metafore fossero altrettante metastasi e il compito principale di chi  traduce fosse quello sostanzialmente sanitario di guarire il testo  poetico della sua poeticità per fornire al lettore, non importa se in  prosa o in similversi, una sorta di replicante quanto più possibile  sterilizzato, inodoro e insaporo. / Poeta prima che italianista o, per  essere più precisi, italianista anche e soprattutto in quanto poeta,  sebbene le sue credenziali linguistiche e filologiche siano con ogni  evidenza impeccabili, Vegliante sa che una poesia o non si traduce  affatto o si traduce con un'altra poesia, che non esistono soluzioni  intermedie; e la sua scommessa - la via stretta nella quale ha visto,  giustamente, l'unica via percorribile - sta nell'aver affrontato il  poema per quello che a dispetto dei crociani di ieri e di sempre,  intenti a disarticolarlo in polpa lirica e ossame o cartilagine  intellettuale, esso in effetti è : un immenso - eternamente  irriducibile e, proprio per questo, eternamente fruibile - "individuo"  poetico. (...) a sorreggere, a ispirare il poeta-traduttore è stata,  in ogni scelta di metodo e in ogni scelta concreta, la musa della  densità..."

Cfr. anche saggio di  Vegliante "Ridire la 'Commedia' in francese oggi", /DANTE/ n° 2, 2005,  pp. 59-79.

Biobibliografia di Jean-Charles Vegliante

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Nato a Roma, Jean-Charles Vegliante vive a Parigi dove insegna alla Sorbonne Nouvelle. Poeta e traduttore, si è occupato dei testi francesi di Ungaretti e di teoria della traduzione (D’écrire la traduction, 1996). Ha pubblicato di recente Rien commun (Belin, 2000), Voci (bilingua, Forlì 2002) e Nel lutto della luce (Einaudi, Torino 2004).

Una poesia di Jean-Charles Vegliante

Versione stampabilePDF versionUna variante di Jean-Charles Vegliante

1.  /F. nel sonno/
amici, vivo con voi ormai,
non mi offende più arido asfalto:
è vero, nostre parole volano,
vischio e nidi lungo l'autostrada,
a quel ricordo di cadenza in me.

2. /In sogno, o quasi/
Amici vivo con voi ormai,
non mi offende più arido asfalto:
è vero, nostre parole volano
(vischio e nidi lungo l'autostrada
orrenda) e tutto ritorna aprile,
e un ricordo di cadenze in me.
(fine del 1994)

Testo inviato al Centro di Documentazione “Lorenzo Montano” nell’ambito dell’iniziativa legata alle “varianti” poetiche.

Traduzione di Fabio Scotto

Versione stampabilePDF versionYves Bonnefoy       

«Facesti come quei che va di notte…»

Agitava una sorta di torcia
Il cui doppio bagliore disorientava
Quegli altri che cercavano dietro di lui
Di non aver paura, lungo l’abisso.

Guida, perché non hai, sul tuo stesso corpo,
Nulla di quella luce che offri?
Non hai alcun bisogno di avvertire
Il vuoto che si scava sotto i tuoi passi?

Ma tale è il destino dell’allegoria:
Chi parla non potrà né deve sapere
Da dove viene e dove sprofonda la sua parola.

Il suo piede cerca il suolo annaspando nel vuoto,
Il suo volo esita e vira nelle sue parole,
Fiamma che è meno un sogno della cenere.

Traduzione inedita di Fabio Scotto


Anticipazione inedita da una raccolta poetica d'imminente pubblicazione in Francia.
Copyright Y. Bonnefoy per l'originale francese, F. Scotto per la traduzione.
  • Ranieri Teti
  • Marzo 2008, anno V, numero 9

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a cura di Mario Varini
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agg. 27/08/2010


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