da “Delle voci”
III a Maria
questo squallore che ossessiona
nel recinto nominale che ossessiona
nella transitività dei luoghi
nelle vie del mondo percorse e
stranamente nell’immaginazione
visitate ma anche sognate
ogni passo ogni idea ogni
innamoratissimo desiderio
è spinto su te sulla vita
sulla tua bellezza inconsapevole
che pecca di non esser mia e vissuta
vedersi vivere senza inopportune
domande mentre i tempi stringono
fra le albe immemori delle serre
e gli albeggi fantasmatici d’
inarrivabili domani
cade la pioggia ed è fredda la notte
freddissima
da “Dialogi V”
Dialogo I
per E.S.
la sera ispida di tarpate voglie e indifesa scattante a volte
indifferente sviluppante i passi nei museici blandi umidi
cameroni teorie di libri e titoli ed immagini dappertutto
un potentissimo silenzio di presenze ora a me sfuggenti a
te le ombre granulose di questo nostro incontro disinvolto
in piena padania in luglio al sole a casa tua
da “Metessi”
Metessi
5.
ora procedono battaglie e cosmicomiche ma anche
noiose seconde visioni o terze e mansuefai l’orchestra
ordisci mansioni magari l’amore le vene variabili l’umore
del caso mattino meriggi i fiori per l’anniversario, Materia
parlammo dell’inenarrabile volontà desiderante degli spettri
intravisti in frantumi e riflettenti ancora e perturbanti o Materia
imperdonabilmente le matrici indifferenti alle albe all’altro
inamovibili modi nutricanti assenze di persone amiche e non
e registri sussidiarii strascici di flessioni comunioni rispetti
obliterate ne le trame di percorsi ipotesi accenti e convenevoli
La raccolta di poesie scelte che va dal 1972 al 2012 dispone sotto lo sguardo la corposa scrittura di Peter Carravetta che negli anni non si è assottigliata, né irreggimentata. Vena poetica che trasporta un fluido denso, ricco di reperti e di schegge, non amalgamato, aguzzo a tratti, tagliente. Solo la vena ironica, troviamo, si adagi, si decomponga per una certa consapevolezza di inevitabile tragedia, di rassegnata accettazione: “e si abbassa lo sguardo attenuando i sensi tutti / nel silenzio ad intimo amico dicendo malgrado l’incubo / veramente l’amo o meglio l’amerei se non fuggissi”. Una certa amarezza per tutto ciò che considerato ideale non ha trovato posto nell’attuarsi dell’esistenza, ma trova ancora una riserva di energia contestataria, indomabile, che non si piega alla presa degli eventi. Una poesia che accetta però di soggiacere all’analisi, per tentare di comprendere le risposte date, il modo in è giunti nel tempo presente, quale via sia stata percorsa e quale in maniera errata. Ed è ancora un processo analitico che vede nella scrittura la forma di pensiero eccelsa, quell’”instabile Dire che slarga dal silenzio”. Se “nulla è fisso” è con la poesia che si crea mondo, ecco dunque che, come se si stesse sul foglio come su una superficie continua, ci si ritrova alla fine del percorso al punto iniziale dove l’ideale appartiene a questo mondo: non ne è escluso. Il lessico, come dicevamo, è spurio, poroso, inciampa sulle assonanze volutamente scoprendo un senso autogenerantesi che è come la prova del nove: “annullando l’andare il consacrare / annusando quelle stilofore creature / quell’anaforico misterico portale / dell’universo / ricerca/graffito / graffio all’argine pensante / nel brusio di fondo”. Lessico da cui incessantemente ripartire, da saggiare interminabilmente. (R. P.)
Peter Carravetta è titolare della Cattedra per gli Studi Italiani e Italoamericani alla Stony Brook University, nello stato di New York. Nato in Calabria, vive negli Stati Uniti dal 1963. Fondatore e direttore della rivista Differentia, review of italian thought (1986-1999). Ha svolto intensa attività saggistica e svariate traduzioni dall’italiano all’inglese. In poesia ricordiamo “Percorso masticato”, seledizioni 1974; “Delle voci”, Anterem Edizioni 1980; “Dialogi V”, Tam Tam 1987; “Metessi”, Ripostes 1991.