Domenico Cara: gli arcani astri dell'invisibile

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Ho chiesto spesso a Liliana Tedeschi e ad altri amici veronesi notizie sulla salute di Franco Verdi, dopo che da Milano si è trasferito nella sua città.

Franco Verdi: amico, poeta, studioso insospettabile, artista sperimentale, ci ha lasciati per incontrare in altra parte da noi, gli "arcani" astri dell'Invisibile (da un fato di inquieta polvere a una serena ri - esistenza?).

La sua distanza da questo mondo è sacralizzata dalle sofferenze subìte in terra, strettamente legate al corpo, alla vita, ad un oscuro presente che impedisce al futuro di farsi continuità nella lotta intrapresa, e favola eminente per la sua stessa vocazione alla creatività e agli studi, per esempio, sul romanticismo filosofico e letterario tedesco ( maestri Arturo Massolo e Leone Traverso) ai quali si era dedicato da sempre; sull'argomento un giorno abbiamo conversato alla redazione della Bompiani, con Enrico Filippini, noto traduttore della materia.

Nella collana di poesia "La curva catenaria" del "Laboratorio delle Arti" di Milano, avevo pubblicato di lui La voce degli astri (1983), una silloge significativa, non conformista. Altre poesie erano state pubblicate in sillogi diverse e nella raccolta intitolata Aperti in squarci nel 1966, che a sua volta aveva dato il titolo alla rivista omonima: "Aperti in squarci" (ispirata da un'originale pubblicazione milanese: Humandesign a cui collaboravamo su temi e strutture di poesia e d'arte oggi). Franco, iinsieme ai veronesi Flavio Ermini e il compianto Silvano Martini, era l'anima dell'iniziativa "Aperti in squarci". Da essa nascerà quell'Anterem ascrivibile a un rarefatto elenco di pubblicazioni che hanno raggiunto una risposta diffusa nel clima della ricerca letteraria, e nella stessa difficile oasi dell'internazionalità.

Erano i tardi Anni Sessanta e Franco Verdi ha continuato con Com'è necessario e nelle regole (1967), 4 movimenti per un significato (1968),In principio non era così (nastro magnetico di poesia fonetica, 1969, e il fermento culturale era vivo e attivo, così come l'urto sociale e pubblico veemente e caparbio.

La vicenda di Franco Verdi si è inoltre e parallelamente spostata nell'area degli interventi visuali e fonetici, e nella pittura in maniera sostanziale e, pur riconoscendo la duttile progressione a cui era giunta la sua opera, ha sviluppato alla macchia un universo analogo in proprio.

Egli, spinto poi all'isolamento da malesseri personali, via via ha abbandonato amici, insegnamento e strumenti di lavoro, e ha così raggiunto un trapasso amaro e incongruo, ma lasciando a tutti l'ordine e il disordine di scritture non casuali o veloci, e un romanzo a più umori, scritto almeno un decennio fa. In più morfologie e fermenti utopistici, a mobilità totale e riesplorazioni inalterabili, i segni del rapporto critico - emotivo e narrante sono fondamentali alla conoscenza della civiltà che lo ha ospitato, e a cui ha dato lume (diario, riflessione, taglio morfologico e tensioni implicite) come uno degli intimi e profondi desideri della sua esistenza.

Il lettore della contemporaneità e del dopo dovrà misurarsi con le sue medesime scelte, non randagie, né improvvisate, ma colte in un rinascere sempre più cauto e rilevante di progetto creativo.

Egli era nato il 24 settembre 1934 ed è morto il 24 settembre 2009. Era un'età decente (non sufficiente) per produrre di più, ma la malattia, e quel genere di rien va che si oppongono al destino del "poeta", s'adirano e sconvolgono sogni privati, per cui ansiose prospettive umane non si realizzano.

E, in quanto alle suggestioni della nostra spontanea e progressiva amicizia, mi auguro ci siano ulteriori occasioni per raccontare limpidi casi ed effetti, non facilmente estenuabili o senza efficace memoria.