Tonino Vaan, da “Cosmesi”, con una nota di Rosa Pierno

Tonino Vaan, “Cosmesi”, L’arcolaio 2008

 

La realtà, mercificata, ridotta a una corrente di onde, flussi informativi ridondanti, sembra trasmettere un unico concetto. Stranamente questo concetto riguarda il corpo, sia in quanto oggetto del messaggio, sia in quanto ricettore dello stesso. All’interno di queste forbici si aprono innumerevoli diramazioni, in cui il corpo è ora passivo, ora attivo, ora produttore, ora fruitore. Nel paesaggio virtuale disegnato da codeste correnti traverse, s’instaura, eppure, un dialogo con varie voci, provenienti dai quotidiani o dai libri di poesia, le quali, innestandosi in tale immateriale tessuto, fungono da depistatori, da antidoti al rumore prodotto dalla comunicazione massificata. Sarà proprio questo tessuto sfrangiato a distendersi sui dati esistenziali, sui non-eventi “una gomma masticata alla finestra. / nell’uso smodato della sera”. Proprio durante un non-evento può capitare di sentirsi soli e, dunque, forse vi è la possibilità che queste voci, tutte, finalmente, si spengano, che il corpo assurga a unico soggetto legiferante, che le sue reali necessità si impongano. Eppure, chi può sentirsi definitivamente al riparo dagli attacchi delle voci? In agguato forse resta sempre l’isterica volontà della mente di costruirsi una scenografia e dei personaggi con cui attuare, se non la narrazione della propria esistenza, la narrazione di qualcosa che pure accade: “un boccone, ha ucciso il boxer, avvelenato / gli tirava i carnicci era suo amico / per dovere padrino”. Una insufficienza di autonomia, la diremmo, dell’individuo, il quale fatica a distinguere la parte di sé costruita coi materiali spuri di tali massificanti onde. Vero è che il poeta stesso ci invita a non sopravvalutare tale distinzione: “.non ci ostiniamo però ad attribuire virtù in eccesso / ad una o all’altra parte che là in fondo un’oscura materia / già incurva i fonemi del tempo”. E, in fondo, pare non comprimibile l’impeto di attribuire a un medesimo suono un diverso significato. Forse questo può aiutare ad abitare un mondo variamente costruito. “Qui, dove si paga lo scotto di una lunga corsa / passeremo queste giornate a fare cerchi / sulle frasi più belle di un libro / .restando nel timido sole di un’avventura”. Sarà l’immaginazione a salvare tuttavia invivibile mondo, ove bisogna convivere con la noia quotidiana e i massacri trasmessi in un telegiornale? Immaginazione, nemmeno a dirlo, è, anch’essa, pericolosa.

 

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questa stanza arredata per fuggire

mista di metalli fusi ed ossa di cammello

pesante di incensi e vuota

.nei bianchi ha ombre pallide

che delineano luci nascoste.

aperta a nord alle correnti

dalla lunga vertebra dorsale

offre scudo, con i suoi vetri riparo

condensa ai pensieri incerti

riflesso in espansione, freddo ed umile

come tutto il nostro mutare nelle attese

 

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come se niente

consacrasse i nostri minuti

noi seduti sulle panchine, la pietra

in pausa pranzo, quattro chiacchere

e una luce senzatetto estranea ai fatti

.storia di mani congiunte sul viso e maschere

che lo sguardo

ha un segno profondo

una ruga scavata, dentro a un senso di impotenza

 

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supponi l’ossigeno di una visione

accanto al punto morto

ne più ne meno nella zona dei cerchi sotto agli occhi

.sequenza dei confini visibili

oltre ogni pratica cieca

che in qualche modo

entra e rende diverso

il problema del luogo nel contesto

.oltre la vertigine il vetro

perde la sua funzione

e ci riappropria ad un senso l’osservare

che prevale e resiste

come una storia d’amore

 

Tonino Vaan (Antonio Vasselli) nasce a Tivoli nel 1960. Matura la sua poesia nella rete web. Nel 2004 vince il Premio “San Bernardino”. Cura il blog www.piccolifoglibianchi.splinder.com