Andrea Rompianesi, da “Arcaismo a fronte”, con una nota di Giorgio Bonacini

Andrea Rompianesi

Arcaismo a fronte

 

La materia linguistica è la sostanza concreta di cui è fatta e su cui, nei più svariati modi, lavora la poesia, ed è da lì che scaturiscono i sensi che fanno della scrittura poetica una speciale “forma di conoscenza” che si dirama, con legami spesso inestricabili, in tantissime direzioni. Nei testi di Andrea Rompianesi, qui presentati, la direzione è eminentemente lessicale: ma ciò non significa esercizio di pura grammatica o semplice tecnicismo, ma un originale lavoro significante che porta in superficie, attraverso una specularità temporale, la contemporaneità poetica di passato e presente.

In “Arcaismo a fronte” le poesie si mostrano come davanti a una specchio deformante, che destruttura e ristruttura non solo la forma-scrittura, ma anche la significazione che la parola e il suo doppio (in un richiamo reciproco tra l’arcaico e il moderno) producono. Il passato linguistico affiora e si riversa nel presente in un costante andirivieni che sembra annullare ciò che è e ciò che era nella costruzione di ciò che la lingua fa. E “il fare”, che è costitutivo essenziale del poetico, arricchisce la sperimentazione di questo lavoro grazie alla scelta traduttiva all’interno del campo semantico dei termini. Prendiamo ad esempio la poesia VII, dove il testo arcaico dice: “Zinzinnando dimoiaticcio attarantolato/computrescere airolderando vacanteria”,viene reso (quindi tradotto) a fronte in lingua odierna così: “Centellinando terreno morsicato/imputridire negando vanità”. Ma se andiamo a vedere i significati delle parole arcaiche, leggiamo che “zinzinnare” deriva da “zinzino” che significa anche “pezzetto, piccola porzione”; che “dimoiaticcio” è “il terreno reso molle da neve o ghiaccio sciolto” e che “attarantolato” è più precisamente “morso dalla tarantola”. Ecco allora che Rompianesi, nella sua versione, ha operato come un traduttore (di se stesso) nel rendere le parole dalla lingua di ieri a quella di oggi e viceversa. Ma lo ha fatto da poeta: con la consapevolezza, cioè, che le potenzialità di significazione messe in atto dentro la lingua poetica non sono riconducibili né riducibili a una semplice trasposizione. Il pensiero di chi scrive si intreccia con la mente di chi legge (che può essere anche lo stesso poeta) creando una polifonia che rimanda costantemente il senso a se stesso e ad altro.

In questi testi verifichiamo veramente come, in poesia, il significante veicoli nel suono non solo dei significati, ma una vera e propria nascita contemporanea e indistinguibile di senso vocale e scritto. Ciò vuol dire che l’audacia sperimentale del nostro autore fa sì che la scrittura sia intimamente sonorizzata dalla doppia valenza delle parole, che manifestano con forza questa musicalità (“Inlucere d’ancude condicevole lasso” - “Risplendere d’incudine s’addice stanco”), dove la vocalità e la consonanza trasmigrano da una parte all’altra creando stupore. E dove c’è stupore c’è un continuo riavvolgimento di sensi che provano a districarsi, ma di nuovo si riagganciano, anche in operazioni apparentemente tecniche che diventano, invece, tentativi di avvicinare le energie di un pensiero con le innumerevoli sfaccettature della poesia.

 

Testi poetici

VIII

VIII

Rarificativa scherna fontale

Divenuto rado l’inganno d’origine

impedica allotta invenia

distoglie allora il perdono

sonevole e allenia cumpater

risonante e lenisce complice

rusponi elucidati vadati

ricchezze dichiarate passate

lenendo esterminevole costinci
 

placando da luogo distruggitore
 

XI

XI

Abigeato bolso insembre convoia

Furto fiacco insieme trascina

tegumento d’acedia sine rinceffata

tessuto di malinconia sì rinfacciata

addire l’inguala o crazia dannevole

dedicare la voce o moneta nociva

s’intuasse aguale midolluto inzillo

entrasse adesso recondito sguardo

festinato flussile finanche flavente

affrettato fluido perfino dorato

eulogia nodrice costì amamelide
 

pane santo alimenta qui con i meli
 

XXI

XXI

Luberna in essiglio agunando

Pelle in esilio adunando

linci cum ontanza ontosa

di lì con vergogna ingiuriosa

allenendo obrizza ombrosia

mitigando pura dubbiezza

acrigna discioltura insemitarsi

acre sveltezza avviarsi

 

Andrea Rompianesi è nato nel 1963 a Modena. Formatosi all’Università di Bologna, nel 1998 ha fondato Scrittura Creativa Edizioni. La sua produzione poetica, iniziata nel 1979, ha ottenuto numerosi riscontri dalla critica. Ha pubblicato, in poesia: Orione, 1986; Vascello da Occidente, 1992; Punti cardinali, 1993; Scendevi lungo la strada, 1994; Momenti minimi, 1994, 1999; Apparenze in siti di trame, 1996; La quercia alta del buon consiglio, 1999; Ratio, 2001; Versi civili, 2003; Metrò: Madeleine, 2004; Rimbaud Larme, 2007.