Poesie edite e inedite

Da: Allì Caracciolo, Monologhi ripetitivi con la Poesia (pubblicazione in corso). 

[1]

Il luogo

Mentre discende come fosse l’ultima

s’aggetta la sera in plumbee nubi

squarciate ove riflette un peltro lucido

si specchiano le cose una nell’altra

alla ricerca della somiglianza 
 

[2]

L’anima canta stanca

mentre tu taci ricordando il canto 


e il ricordo è miseria  nella pallida sera

ove talora s’accasciano uccelli a riposare 


Se soltanto tornare

la tua voce potesse a le occasioni

le perdute ginestre

le feroci pulsioni, riconoscere in esse

la lenta melodia del sangue che in te scorre 


anima mia, dir loro, anzi che questo sguardo

di mancate agnizioni

l’aggirarsi casuale dove il vuoto risuona

il tuo passo d’automa trasognato e disforme 


il filo delle labbra una catena  che apri chiudi apri senza suono 


Forse un segnale,

ripeti versi tra le foglie 
 

[3]

Mentre pentita al bordo del villaggio

attacchi il piede indietro a quello avanti

la linea inseguendo o disegnando

che isola il villaggio dallo spazio

ti vidi batterti il petto anche le spalle

-per lo stolto tuo peccato di essere- 


-e per esso-

saltellare festante attorno attorno

ridda invasata sulla linea a calce

che in cerchio isola il villaggio 
 

[4]

Forse la sera, quando le cose vanno al loro posto

per convenzione (non ontologicamente, s’intende)

forse la sera per convenzione (per un sentire indotto, cioè, ma motivato)

la sera forse

le parole che si sono scritte (e nel giorno movevano i pensieri)

le parole sono figure che attraversano la sera 
 

[5]

Franz Liszt

«Non chiedermi quello che io stesso ignoro. Il mistero che vuoi penetrare non mi è stato rivelato. Io vengo da un paese lontano, di cui non mi rimane alcun ricordo». 

I movimento

Scrivevi che nulla rimane, nella torpida visione. Come un eunuco, come un fanciullo, il misterioso viandante -un ermafrodito o l’Ermes?- rivela la mancata rivelazione.

C’è un sapere nell’assenza.

Era questo il segreto: che nell’ignoranza, nella scienza dell’ignorare, si cela un’antica sapienza, il segreto, quasi, del cosmo.

«La forza che mi spinge è muta e non m’indica la strada» ti dissuade l’enigma che insegui, l’uomo dalle spalle di tempesta, non seguirmi, inutile speranza.

Era muta, diceva e ti descrisse le meraviglie del sogno, l’incomprensibile colore della sera, l’armonia segreta dei venti, la musica la musica 

II movimento

Terra lasciata alle spalle estesa nell’animo in lande traversate dal solenne ricordo di un fiume

tutto tutto attende alla musica nella caverna stanca del viaggio

Volgere alla propria terra le spalle per ritornarvi

il cammino segnato dal filo liso della nostalgia

Visitare città con la metafora della provenienza scandita in note battiti difformi

il suono del suo nome amplificato dalla cassa armonica del desiderio

il pellegrinaggio un ritorno reiterante 

III movimento

Se quella forza è nemica, perché questi sogni divini?

ti chiedeva il viandante chiedendo a se stesso, Se benevola perché questa pena che mai trova requie?

«Addio» disse e s’allontanava facendoti riaffiorare in te stesso

come il silenzio, inespressivo, come lo sguardo, vuoto, come la pallida fronte della miseria o della conoscenza, la languente armonia l’ineffabile arte 

[Vedi la Lettera di F. Liszt al Signor Lambert Massart, Gazette musicale, 2 settembre 1838] 
 

[6]

vicino allo smalto scrostato  del bacile ad un coccio spezzato nomepoesia ti taccio le crepe ai muri i pezzi di calcina il letto stridulo ti taccio un rubinetto perde a ritmo l’attimo d’acqua il tuo nome mi spacca vorrei annientare il tempo che ti ha dato  crearti quando voglio come la goccia un attimo disperderti spezzare lo stampo in gesso rubare  la voce con cui dici io  averti infilata in questa crepa come un filo di paglia fra le labbra una cosa qualunque che per anni è lì poi un giorno uno viene getta via nomepoesia e nessuno s’accorge

così di te vorrei 
 

[7]

Lana di ferro il tuo corpetto

all’abbracciarti urti sul petto  l’irriti

e il tuo, trafitto, si imprime di incisioni,

piccola asceta da insensato medioevo

che i fianchi ti cinge scandisce le tue ore scava i cibi

mentre affebbrata ogni sonno ignori

gli occhi perenni dalle fosse muovi  tuttintorno

e in avanti  forando anche la notte con lo sguardo

o con il mite orrore  della tua lunga cerca a piedinudi 


A volte la poesia è più grassa, la invitano a cena anche i poeti, gli amanti, cultori, ricchi, gli annoiati, chi se ne intende, i fautori, poi gironzola i bar siede ai caffè, sa stare al mondo al mondo accetta, e nutre il bello 

Ma tu, pure se taci sei fastidio, lo sguardo smarrito, riempito da guance cave il silenzio,   come su schermo di cinema ti scorre addosso la teoria affollata delle facce che in questo istante muore per fame silenzio lo stupro irrisione, sgozza il cannone o che altro, cadi tra gli astanti come la mosca nello champagne, c’è da gettare via tutto quando arrivi

anche le cose

deliziose 
 

Da: Allì Caracciolo, Malincóre (una fonologia del vuoto), Cittadella (PD), Amadeus, 1996. 

[8]

tras-figurazioni sublimi per leggere la vita | divinità del dolore-uomo |

plasticità del vizio | amore perduta nobiltà feroce |

tale

vorrei di te – poesia –     ( come a promessa ) e renderti divina      ma vieni da

( vivi in ) una mí

seria nuda

e ti stendi sul greto stancamente a vendere quel po’ di amore che ti ricava dalle tue cóscescárne

un piatto di minestra 
 

[9]

l’impercettibile vuoto

dove tutte avvenivano

tutte si perdono

le mutazioni 
 

[10]

Prolusione affidata all’oralità 


Non parlerò della mia attività di poeta

per coerenza con una biografia intellettuale scandita dal silenzio: quello

imposto /dalla poesia

        \da me

e quello imposto da altri

con la differenza sostanziale della violenza

(l’esortazione cioè quotidiana a vivere senza annunciare la qualità definitoria della parola simultaneamente alla sua precarietà

l’imposizione di un cursus in cui essa –la parola- sancisce qualificando gli adepti escludendo gli esclusi)

La sua irrinunciabile diversità –della parola- è il memento del poeta: la parola come il tempo rovina via, precaria ed irripetibile è teatro che vanisce

Non potrà la poesia mai acquisire la sostanza dell’auctoritas poiché questa istituisce il déjà-dit

L’inespresso, tuttavia, non può sostituire/costituire poesia.

L’unico silenzio è una poesia che si destituisce da se stessa.

Cogliere questo istante è il mio (vocazione imperativo identità) mestiere. 
 

Dal Poemetto Abbozzo per Campana. La Insomiglianza, in La Insomiglianza quattro poemetti, Salerno, Ripostes, 2007. [Finale della II parte, III parte] 

[11]

II

     […]

     stabilire metafore

            tutte

            ogni possibile metafora

per rintracciarne una sola

essa

quella che ti fa vivere

oppure si cela nella identità di somiglianze

lontane fino allo sradicamento totale

alla inversa sostanza

alla

ínsomiglianza 


scrivevi versi sulle foglie 


Sibilla stanca

talora attenui il tuo corso

il gemito dell’antro tutto risonante

tempesta di vento o di sospiri

l’urlo

trascina le foglie non la musa assopita

            – sognava danze

            o

         altro –

l’urlo che imbianca le colline

col rovescio argentato delle foglie

sonagli

le serra

la libertà un filo spinato da scavalcare

le distende argentine

garrule sulla cresta dell’onda

la libertà una ruggine

sonagli

le serra risonanti come la catena

le serra il catenaccio

la libertà

una setticemia dell’anima 
 

III

poesia

evanescenza che non torna

Andare andare

e poi

la muta orgia sbranamento furioso

Venga la morte pallida e mi dica

verrà

l’oscura baccante a divorare 


l’ingordigia e il silenzio

tutto

fu taciuto

Andare andare

e tu bagliore

Nel dolor d’infinite morti amare

vanenteuridice ferma all’attimo

in cui tendi le braccia ti dilegui

tu

poesia

……… 
 


Da Allì Caracciolo, Stampe da manoscritti apocrifi (pubblicazione in corso).

[12]

Teoria del romanzo o altro 

. Il rapporto tra i personaggi. la loro qualità : assenti indecifrabili. definiti una sola volta da un segnale di frase.poi perduti per sempre

                   ↓ 

che non mira a definire alcun personaggio alcuna qualità.solo a sottintendere una parziale memoria·una presunta allucinazione da cui

     il senso -l’unico : parziale·presunto-

     dell’esistenza. 


. L’assenza di pagine : poiché il numero  -o il Numero-  c’è  -quando c’è- 

ma è altro. tuttavia

     ↓ 

una numerazione scandita attraverso parole che percepiscono il fieri momentaneo è attestata -talvolta- nella precaria situazione di un capolettera o di un precipizio sulle/delle parole:

      piuttosto sulla assenza. 


. La capacità  -qualcosa di occulto-  di contenere uomini animali cose si sottrae : l’atto unico consentito al movimento dal quale dipende tutta la successione-simultanea dell’essere nelle sue metamorfosi. la scansione____una lunga linea interminata stabilita dalla necessità di ricondurre la parola ad una qualche permeabilità con lo spazio

poi:

la condizione asituazionale   -schermo·paradosso della asensorietà delle cose. della improbabilità del reale- 


. Il tempo____una assunzione del predicato necessitato a coniugare se stesso nei framm enti dello specchio : illusorio passato·frammento·falsofuturo____negazione-riproduzione

una negazione riprodotta ad infinitum nel nulla·assenza e -pure-

riflessione-rifrazione di un oggetto inidentificabile nello spazio che lo produce come necessità ultima della propria credibilità (metafora : bubbone stanco sostituitosi alla materia) tuttavia:

(gli squarci della lirica ne individuano  -a tratti-  i bordi frastagliati l’umore di ferita l’abisso senza fondo della sua profondità cancrena). 


. La sapienza  -la ignara sostituta della conoscenza-  frantumata nelle piccole pieghe di un particolare ostinato a non trasmettersi e a qualificare il reale : o non piuttosto l’esistenza? 


. La legittimità -infine. requisito assente dell’origine : la sua assenza

delegittima l’esistenza. o non piuttosto l’essere?

                  ↓

la autodefinizione attraverso la parola

o attraverso

il silenzio

      anche il silenzio  -invalso idolo- 

      un esposto sulle scale del tempio.