Adelio Fusé, poesia inedita “All’epoca le ore mi avevano assegnato”, nota di Ranieri Teti

La perizia metaforica che sostiene il testo lo connota pur nella molto particolare struttura dialogica.

Una delusa attesa di vita concentra e addensa questa poesia, la sua necessità di dire, la sua libertà espressiva.

Nel circuito della significazione, in entrambi i versanti delle voci, il testo di Adelio Fusé è orientato sia al racconto che a una simultanea introspezione. Dice insieme il fatto e il pensiero che ne consegue, come nella chiusa della terza strofa:

e via franando fino all’irriducibile /

il punto che ci dipana ma mai si tocca / e luce non getta”.

Come cadere nel buco nero di un sé inconcluso, dentro una confusa massa.

Ma tutto, in questa come in molte storie che raccontano deglutite amarezze, si scioglie nella piega finale, a tratti dolorosa, per altri versi ironica, dolcemente meditativa, della voce-pensiero che osserva senza aspettative ma irriducibilmente “qualunque transitare che più non passa”.

 

*** 

all 'epoca le ore mi avevano assegnato

alla costa dove il mare sbraitava

a dispetto dei miei gemiti assenti:

nell 'entroterra un altro vento volava

e fustigava e smembrava

 

"e tu che sei il veterinario si guastano mai

dimmi i denti ai cavalli?"

lui un autografo nella posa consueta

smerciò sorrisi lieti oppure così lunghi

che parevano marci sollevando nuvole

da gran fumatore (sigari dozzinali

a giudicare dall'odore)

 

"perché ecco vedi" si recitò saggio svagato

e informale "occorre circoscrivere

le domande e la tua nulla da eccepire

è localizzabile nella bocca

di provenienza - la tua -

e nella bocca equina che nomina:

un esempio uno soltanto pari

a incalcoabili altri

oh! io sono confusa massa ma il senso

è che questa piana qui intorno si riduce

per mia volontà alla porzione che io occupo

in definitiva all'effetto e alla causa nel ristretto:

ragiono e m'impunto su scale minimali

e via franando fino all'irriducibile

il punto che ci dipana ma mai si tocca

e luce non getta

 

(e oggi ti prego di credere non ho bevuto

un goccio forse finalmente dovrei

anche più d'uno in verità

da bagnarsi con gli spiccioli

ultimi: lo si afferra per la coda - ridi perdio

alla coda del goccio! - come il rinomato treno

o medium qualunque transitante che più non passa

insomma accostiamo i bicchieri amico transfuga

noi delicati e inconclusi non ancora spacciati)"

 

Adelio Fusé è nato in provincia di Varese nel 1958, vive a Milano e lavora nell’editoria. Ha pubblicato saggi su Sade, Kafka, Sartre, Handke, Eno (Cd-Book Auditorium-Materiali Sonori, 1999), un romanzo (North Rocks, Campanotto, 2001) e i libri di poesia Il boomerang non torna, Book Editore 2001; Orizzonti della clessidra distesa, Book Editore 2005; Canti dello specchio bifronte, Book Editore 2009; L’obliqua scacchiera, Book Editore 2012; segnalati al Premio “Lorenzo Montano”, 2004, 2006, 2009, 2013). Testi sono apparsi su riviste ("alfabeta", “Atelier”, "Auditorium", “Il Segnale”, "La Ginestra", "Legenda", "Lengua", "Sonus", “Tratti”) e online (“Carte nel Vento/Anterem”, “Poetarum Silva”, “Vico Acitillo 124 – Poetry Wave”). Ha fatto parte della direzione di "Legenda" (Tranchida, 1988-1995). Collabora con artisti e musicisti (libri d’artista, installazioni, performance). Ha ottenuto un riconoscimento speciale al “Premio Riccione per il teatro" (1981).