Marianna Marino, poesie inedite da “Mangiaragni”

 

Nota dell'autrice

Queste parole sono strenuamente a caccia di una controparola. E far poesia del vissuto diviene la forma più assoluta di perifrasi: dire altrimenti, dare un nome, un altro nome.

Al contempo, far della poesia una parola-a-distanza, che permetta di vedere la voce che la dice o si strozza. Ecco dunque il ragno, esserino pacifico che Leontes, protagonista del Racconto d’inverno shakespeariano, trova in fondo al suo folle calice amaro. Una strana sensazione tra disgusto e solletico. Un dolore bizzarro, all’altezza delle corde vocali. Ma in Mangiaragni il ragno non è il visibile indizio di un veleno: il ragno è volontariamente mangiato. È un male da buttar giù a colazione, a pranzo, a cena. Il male quotidiano che ci nutre e sostiene. M.M.

 

 

Mangiaragni

 

da La controparola

 

Perifrasi sentimentale

Un istante di verità,
di libertà nella stretta:
del braccio,
del senso.
Nel morso dell’ora.

 

 

***

Paesaggio
è allontanare la parola – là,
dove si vede la voce.

 

 

***

Notti troppo cattive per darmi buio,
e silenzio.
Gli occhi sempre stanchi:
corrono dietro i colori,
ma vogliono bianco.
Vogliono una luce lieve,
un giorno di meno.
Un altro nome al dolore.

 



da Donne



Paris

Eccomi: paccottiglia dorata e adorata.
Il mio vuoto è dolce e luminoso,
non mi chiede nulla in cambio.
Mi basta sorridere,
senza neanche guardare.
Bocca cieca, le parole scivolano via
- significano lontano da me.

 

 

***

In nome di quell’uomo di meno
ci guardiamo,
cerchiamo la linea della ferita,
la reliquia del dolore.
Ci guardiamo,
e non sappiamo più
dove sia lo specchio.

 

 

da A mio fratello

 

Requiem

Di noi resterà
il nostro calco,
scavato pian piano
nell’aria.

Il silenzio che non abbiamo giocato.

Le trasparenze ribaltate degli specchi,
i ritratti increspati, imprecisi,
dei sorrisi nascosti.
Delle vene
che non ci hanno tenuto.

 

 

Marianna Marino, dottore di ricerca probabilmente senza futuro, cerca di adattarsi a un presente precario. La sua tesi di laurea è stata dedicata al poeta e filosofo Jacques Garelli.