Alessandro Ghignoli: Fabulosi parlari, Gazebo 2006

Nota critica di Rosa Pierno

 

È subito il calderone, l’immersione nel caldo brodo della cultura, dove da ogni riemersione si hanno fra i denti sfilacci di petti di portoghese, di zampe di spagnolo, conditi da viaggi in mondi solo un po’ più lontani, ma che sanno di ultraterreno, di meta paradisiaca: “fosse somma cosa il tabulare fabuloso insieme de come li poeti deono parlare de l’amistade de i viaggi andati si todo fuera la vita vera del dire sfinita e todavia in questa curva via ancora scriventi ancora cercando una sola una palabra mia”. E in cerca di una parola sua, che sia solo sua, Alessandro Ghignoli si rituffa e con atletica capriola ci serve conditissima minestra. La prepara infiorettando con preludi e saluti, con inchini e sguardi ammirati ad altri libri, ad altri suoni, a inizi impertinenti e a finali rivoltati. E, dimentico del travestimento iniziale, effettivamente si mette in cammino in questo libresco mondo, fatto a sua immagine e somiglianza. Inventa parole che stanno a metà, restando in bilico, fra lingua straniera e lingua madre, fra lingua latina e italiano antico: “le magnificienzie tutte de etade passate e.lle moite antiche scritture similmente volgarizzate in iovine parola in aitra parte in aitra lingua in aitra mormorazione se detenne nella novitate dello canto”. E’ la lingua che unifica il mondo. E, dunque, basta da solo il gioco sulla lingua, dove le parole sono scelte anche per il loro uso comune, quasi consunto dall’uso: “segni si moltiplicano nei gesti alla ricerca tra soggetti e testi in fuga in avanti in infiniti fini vuoti sfumature tra notte giorno cede il sipario le dure vernici la luce morbida sulle figure”. Più che il senso potè il suono nel ricreare il mondo: “interno alla frontiera della memoria il pensiero non è se non parola andante della negazione in equi silenzi dell’idioma l’equilibrio in esilio nell’istante del suono”. Ed è mondo di apparenze, di fantasmagorico movimento. Sarà dai detriti del senso che si potrà ricostruire un nuovo significato. E sarà inevitabile passare per una camera sonora. Quella di “Fabulosi parlari”.

 

Testi poetici

 

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in questo istante continuo la crisi del pensiero il dato linguistico
i segni della memoria i caratteri del tempo nell’inventario degli
scarti somma e vicinanza al piacere di un’entrata una porta una
parola d’accesso

 

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(ad Antoni Tàpies)
nei diagrammi del visibile la densità intorno una archi:tectura
di frammenti di pittura su corde su libri sul nero attimo dell’atto
lettere e croci impronte d’olio piegate cavità unica progressiva
fase il margine in folio

 

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(a Luigi Nono)
suoni vapori di note irradiano mescolanze di grida corde strofe
lancinanti sorde infastidiscono i rumori per farsi silenzi voci in
nastri riavvolti in combinazioni di numeri in timbri di volti il
materiale sonoro s’immette sospeso in tensione lo spazio
inudibile

 

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(a Emilio Vedova)
tratti scontri gesti come viaggiante in azione i dischi riflessi in
luci i colori neri poi bianchi poi fischi di velluto organizzano
spazi tele lacerazioni miste materiche aperture in espansione
grovigli di segni macchie

 

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(a John Cage)
piano forte piano preparato teatro di voci litanie lettere toni
graffiati lasciano segni chiusi in combinazioni di respiri in filtri
del pensiero s’intromette s’estrema per poi fluire nel tempo a
gravare sul nervo

 

Alessandro Ghignoli (1967) ha curato e tradotto una decina di volumi di poeti spagnoli e portoghesi, fra cui: Luìs Garcia Montero, Tempo di camere separate (Le Lettere, 2000), José Hierro, Poesie scelte (Raffaelli, 2004) e l’antologia La notte dell’assedio. Quattro poeti spagnoli contemporanei (Orizzonti Meridionali, 2005). Collabora a numerose riviste italiane e straniere e codirige per le Edizioni Orizzonti Meridionali la collana “Quaderni di poesia europea”. E’ redattore della rivista di letteratura e conoscenza “L’area di Broca”. Ha pubblicato la raccolta di versi La prossima impronta (Gazebo, 1999) e il libro di prosa Silenzio rosso (Via del Vento, 2003). Vive a Madrid.